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Quanto è difficile praticare LA BUONA EDUCAZIONE
a cura di Roberto Canavesi
Visto alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino il 9 giugno 2018
di Mariano Dammacco 

regia Mariano Dammacco

con Serena Balivo 

ideazione Mariano Dammacco; spazio scenico Mariano Dammacco e Stella Monesi

produzione Piccola Compagnia Dammacco / Teatro di Dioniso in collaborazione con L’arboreto Teatro Dimora, Teatro Franco Parenti, Primavera dei Teatri, Asti Teatro 40 con il sostegno delle residenze artistiche Compagnia Diaghilev Residenza Teatro Van Westerhout, Residenza Teatrale di Novoli – Principio Attivo Teatro - Factory Compagnia Transadriatica, Giallo Mare Minimal Teatro, Capotrave Kilowatt/Bando Sillumina Siae 2017, Residenza teatrale Qui e Ora
Un’esistenza grigia, anonima, vissuta tra grammofoni e mobili d’epoca in una casa dove il tempo sembra essersi fermato, è sconvolta da una telefonata notturna: tua sorella è morta, ed il figlio, tuo nipote, ora dovrà essere accudito da te, dovrà venire a vivere con te, dovrà esser da te educato. 

La buona educazione, testo di Mariano Dammacco e terza tassello della trilogia La fine del mondo, parte da un pretesto di vita famigliare e quotidiana per diventare spiazzante monologo sul processo di crescita di un giovane che irrompe nella vita di una donna all'antica prigioniera essa stessa di convenzioni ed abitudini da cui sembra non potersi/volersi affrancare: ora sdraiata su un divano, ora impegnata in grottesche camminate dal buffo incedere, la donna prima accoglie e poi studia il nipote con cui non ha proprio nulla in comune, a partire da quell’esprimersi solo con verbi all’infinito, segno evidente di una scarsa propensione allo studio, o del servirsi di moderne tecnologie che, se possibile, ne amplificano le distanze. A ciò si aggiunga come l’inattesa scoperta del sentimento amoroso, coincida con la rivelazione che a turbare sonno e serenità del nipote non sia una giovane ragazza, ma la sagoma di un una lampada della sinuosa silhouette. 
In scena si consumano settanta minuti di scavo interiore di una madre/non madre chiamata a capire come scardinare la fortezza di un nemico a lei prossimo per legami di sangue, e per la cui iniziazione alla vita è necessario stabilire regole, fissare precetti, imporre divieti, in una parola educare.

Fedele alla modalità di scrittura già apprezzata in altri allestimenti della Piccola Compagnia Dammacco, il testo di Mariano Dammacco si impone da subito per fluidità e scorrevolezza, in costante bilico tra grottesca realtà e trasognante immaginazione, per poi a tratti attorcigliarsi su se stesso perdendo un po’ in vigore: ma al netto di tutto questo lo spettacolo regala la prova d’attrice di assoluto livello di Serena Balivo, interprete di rara sensibilità capace di modulare gesti ed espressioni, vocalità e mimesi, nella definizione di un personaggio da cartolina che conquista per simpatia ed umanità. Perfetta incarnazione della tanto agognata buona educazione, ideale sintesi di disciplina e severità, in un gioco di continui straniamenti la donna regala anche momenti comici, come gli incontri notturni con i fantasmi dei genitori scomparsi, in cui è attraversata da quella disarmante umanità che, sul calar finale delle luci, segna un epilogo di inaspettata malinconia.
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