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E se la vita non fosse altro che un LUCIDO sogno?
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Garybaldi Teatro di Settimo Torinese mercoledì 31 ottobre 2018
di Rafael Spregelburd 

regia di Jurij Ferrini 

con Rebecca Rossetti, Agnese Mercati, Federico Palumeri e Jurij Ferrini 

luci e suono Gian Andrea Francescutti; assistente alla regia Andrea Peron; foto di scena Stefano Roggero; organizzazione e promozione Chiara Attorre; produzione esecutiva Wilma Sciutto 

UNA PRODUZIONE PROGETTO URT CON IL SOSTEGNO DI REGIONE PIEMONTE
E’ tragicomico e spiazzante l’umorismo di Rafael Spregelburd, drammaturgo sudamericano tra i più ispirati delle nuove generazioni: mai fine a se stessa, sempre in bilico tra commedia e tragedia, la parola del "teatrista” argentino risplende in una pièce di assoluta forza ed incisività scenica come il Lucido realizzato con coraggio da Progetto U.R.T per la regia di Jurij Ferrini. 

In una classica scena da teatro borghese, modesto interno con anonima tappezzeria, tavolo, sedie e una poltrona, si snoda il surreale racconto della famiglia chiamata a fare i conti con le proiezioni del proprio inconscio: il ritorno a casa di Lucrezia, dopo un’immotivata assenza di 15 anni, stravolge la già non tranquilla quotidianità della madre e del fratello Luca, quel che resta di un universo affettivo, a suo tempo abbandonato dal padre, ora atteso dall'inaspettata resa dei conti. L’improvvisa comparsa della donna, infatti, sarebbe motivata dall'esigenza di saldare un debito d’onore, rientrare in possesso di quel rene che lei, poco più che bambina, donò al fratello e che ora pretenderebbe indietro per il marito gravemente malato: partendo da premesse poco comiche, Spregerlburd ha l’assoluto merito di sottrarsi alla tragedia, creando un meccanismo teatrale "a scatole cinesi”, fatto di sogni, incubi, reciproche alienazioni, dove i personaggi sono umanissime presenze dai fragilissimi equilibri. 

Con grande misura ed intelligenza Jurij Ferrini firma una regia dal tratto leggero, rispettosa di una scrittura da scoprire scena dopo scena, sogno dopo sogno, incubo dopo incubo: l’esperienza insegna come in questi casi sia molto forte il rischio di "deragliare” dal testo, di uscire da quelle linee guida, volutamente appena abbozzate, che non devono mai esser perse di vista. In questo i quattro interpreti assolvono a pieno la loro missione, dando vita a due ore filate di un racconto amaro ma sempre sostenuto con toni da commedia ed humour nero; al netto di un epilogo che registra l’ennesimo rimescolamento di carte, con lo spettatore messo di fronte ad un inimmaginabile ordine delle cose, convinti e sinceri sono gli applausi tributati al versatile Jurij Ferrini, come ad Agnese Mercati, una Lucrezia di spietata determinazione nei suoi propositi di vendetta, passando per il Luca di Federico Palumeri, alienata incarnazione di giovane che proietta le proprie insicurezze in scenari del tutto immaginati. Citazione a parte merita Rebecca Rossetti, semplicemente perfetta nel ritratto, dalla grande maturità scenica, di madre svampita e credulona, eterna bambina nel corpo di donna dalla e nella cui fervida immaginazione tutto parte e tutto ritorna.
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