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Conflitti famigliari e sogno americano per la MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE
a cura di Roberto Canavesi
Conversazione con Jurij Ferrini prossimo al debutto con il capolavoro di Arthur Miller
Moncalieri, alle Fonderie Limone, da martedì 25 maggio a domenica 13 giugno 2021
Per la riapertura dei teatri lo Stabile di Torino schiera, uno dopo l’altro, i titolarissimi di una rosa di autori e titoli molto ricca che, dopo Pirandello e Ionesco, cala l’asso Miller a chiudere l’ideale trittico di quella scena del Novecento proposta in alcune delle sue variegate sfaccettature: Morte di un commesso viaggiatore, dramma di conflitti e di passioni che spazia da tormenti famigliari all’American Dream, passando per il valore sociale dell’etica morale del singolo, dal debutto newyorchese del 1949 è stato oggetto di infinite versioni, rivisitazioni ed adattamenti che ne hanno consolidato il successo facendolo diventare uno dei testi simbolo della drammaturgia a stelle e strisce. A far rivivere la saga di Willy Loman e famiglia sarà Jurij Ferrini, regista ed interprete dell’allestimento in scena per tre settimane alle Fonderie Limone di Moncalieri nella nuova produzione del Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale: con lui, piemontese di Ovada e ligure per formazione, abbiamo provato ad indagare sul dietro le quinte di uno spettacolo tanto atteso quanto, teatralmente parlando, arduo da sostenere.

Per il pubblico americano, Morte di un commesso viaggiatore è la Grande Commedia per definizione, testo vissuto come seconda pelle: quali le ragioni di una così grande "aderenza e partecipazione" che il trascorrere del tempo non indebolisce, semmai rafforza?
"Di istinto direi che è stato un grande testo, se non il più grande testo, portato in scena da tutti i maggiori interpreti americani: ragionandoci più a fondo ci troviamo di fronte ad un dramma/commedia con al centro una famiglia disfunzionale dalla cui presenza scaturiscono una serie di elementi e dinamiche psicologiche che, a partire dal secondo Dopoguerra, è brutto dirlo ma sono sempre andati molto di moda, con una scia di interesse arrivata fino ad oggi. A ciò si aggiunga il fatto che Miller è autore capace di affondare la mani in una materia per aderirci scavandoci a fondo come pochi altri: più in generale, a distanza di 70 anni, il ruolo della propaganda è quanto mai attuale, ed ancor oggi ci troviamo ad immedesimarci con il protagonista, Willy Loman, un signore che non può non star simpatico con i suoi campionari, il suo sorriso sparato al vento e le immancabili scarpe lucide. Noi stessi siamo ancora parte di quel mondo, e da quel mondo fondato sull’economia siamo condizionati e intrappolati in una spirale attorno cui il nostro presente è quanto mai avvinghiato".

Americana per definizione, ma internazionale con versioni realizzate in tutto il mondo, la vicenda narrata è la storia del sogno in grande di un uomo piccolo: quanto, secondo te, i personaggi possono considerarsi a noi contemporanei?
"Oggi gli schiavi continuano ad essere milioni ed in ogni ambiente di lavoro la schiavitù è rimasta uguale a quella di un tempo: in realtà Willy Loman ha un tratto tipicamente americano che non ci corrisponde, è tutt’altro che dimesso e sottomesso, semmai vittima di una competizione esistenziale che lo ha sempre visto sballottato su di un ascensore sociale oggi forse meno evidente, ma pur sempre presente. Lui si considera un grande venditore e la sua ambizione è quella di veder riconosciuto il suo prestigio: sicuramente più vicino a noi, ed ai giovani di oggi, è il personaggio di Biff, il figlio inquieto che si ribella all’ambiente ed alle convenzioni sociali avendo in mente per il suo futuro un modello di vita più agreste e bucolico, lontano dalle dinamiche proprie della quotidianità metropolitana".

Se per un altro capolavoro, Erano tutti figli miei, l’autore sceglie un’architettura teatrale "classica", in Morte di un commesso viaggiatore Miller rimescola le carte, facendo interagire la realtà reale e quella sognata: quale è stato il vostro personale approccio nella rilettura d’insieme?
"Partendo dal protagonista, Loman è un uomo distrutto dalla fatica, nella sua vita ha macinato chilometri con viaggi in solitudine, senza avere la sicurezza di uno stipendio fisso ma sapendo di poter solo contare sulle provvigioni: per seguire la sua storia bisogna seguire il personaggio della moglie Linda, un’Orietta Notari cui non ho dovuto cambiare una virgola talmente ha centrato da subito il ruolo, la donna che spiega i comportamenti del marito. Miller era un teatrante vero, scrittore fatto e compiuto che ben conosceva le dinamiche della scena, e costruisce una rete di relazioni tra i vari personaggi che sono tra di loro interdipendenti: sarà l’uno a spiegare l’altro in una sorta di catena umana dove un sottile file rouge lega i destini di tutti".

In una commedia corale per definizione sarai in scena con un cast eterogeneo, mix di esperienza e gioventù: quali, se presenti, le specifiche indicazioni rivolte ai tuoi attori ed alle tue attrici?
"Alla vigilia del debutto penso di poter dire sia stato un incontro magico dove mi sono trovato a lavorare più per sottrazione che per altro, risparmiandomi talvolta lo sgradevole compito di dover suggerire una scelta interpretativa, magari non sentita come propria dall'attore/attrice in questione: questo vale tanto per i colleghi in scena quanto per i collaboratori tecnici, dal momento che sin dal primo giorno mi sono trovato di fronte ad un gruppo motivato talmente già in parte e con i compiti ben chiari e definiti che il lavoro è venuto da sé, come una naturale conseguenza. Lo spettacolo è veramente il frutto di un lavoro collettivo, esito finale di una condivisione e di un’attività di squadra in cui ognuno, giorno dopo giorno, ha portato il proprio attivo ed importante contributo”.

Le tre settimane di repliche coincidono per tutti voi con il ritorno alla vita sul palco ed al quotidiano incontro con il pubblico: immaginando come abbiate vissuto l’ultimo anno, si tratterà per te di "un ritorno a dove eravamo" o di "un nuovo inizio"?
"A parte l’umanissima emozione ed apprensione con cui vivremo questo rientro, voglio con tutte le mie forze che sia un nuovo inizio, perché a spaventarmi più di ogni cosa è l’idea di tornare come prima: la mia speranza è veramente che nei prossimi mesi diventi realtà l’unica possibile strada per cambiare il futuro del mondo dello spettacolo dal vivo, quello 0,1 di Pil da destinare al Fus, al Fondo Unico dello Spettacolo, per riorganizzare un sistema che necessita di una profonda restaurazione. Per il teatro, rito laico che da sempre cura socialità, c’è bisogno di più soldi, di maggiori finanziamenti che poi saranno restituiti di sicuro all’intera collettività sotto forma di benessere mentale di cui tutti, appassionati o spettatori non abituali, giovani o meno giovani, potranno beneficiare".

Produzione Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale diretta da Jurij Ferrini, anche in scena con Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Vittorio Camarota, Fabrizio Careddu, Paolo Li Volsi, Maria Lombardo, Orietta Notari, Federico Palumeri e Benedetta Parisi, per Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller tre settimane di repliche alle Fonderie Limone di Moncalieri dal martedì al sabato alle 19.30, domenica alle 15.30. Biglietti ad Euro 28 ed Euro 25 con info allo 011.51.69.555, all’800.235333 o vendita online su www.teatrostabiletorino.it
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