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L'amore raccontato da Massimo Sgorbani
a cura di Roberto Canavesi
Visto alla Scuola Holden di Torino il 15 giugno 2018
di Massimo Sgorbani 

regia Michele Di Mauro

con Matilde Vigna e Giulio Maria Cavallini 

adattamento e progetto sonoro Michele Di Mauro; luci e scene Lucio Diana; video Giulio Maria Cavallini; suono Alessio Foglia; make up artist Katerina Di Mauro; studio di registrazione Arca Studios Torino factotum Elvis Flanella

Produzione Teatro Piemonte Europa/Festival Delle Colline Torinesi
Tre donne lontane nel tempo, tre storie di un amore agognato e vissuto intensamente, tre presenza-assenze maschili che irrompono nell'esistenza per illudere e perseguitare: Causa di beatificazione, oratorio laico di Massimo Sgorbani al debutto per il Festival delle Collini Torinesi, mette sul piatto tre storie con amore e dannazione recitare il ruolo di comune denominatore. 

Prima la prostituta kosovara, vestita di uno sgargiante arancione nella Pristina tanto cara a Madre Teresa, incontra l’uomo venuto dal cielo per portare la pace, soldato dal casco blu che in cambio di qualche sigaretta si impossessa di un corpo tanto fragile quanto fertile, lasciando in eredità il bambino simbolo di una generazione orfana ancora prima della nascita. Dai Balcani alla sempre complessa realtà dei territori il viaggio è breve per imbattersi nella kamikaze palestinese armata di feroce determinazione, ed inquietante cintura esplosiva, prigioniera e testimone di un amore malato, e di cui non riconosce i confini tra bene e male, destinata a un matrimonio-martirio con un destino di morte di cui è essa stessa la prima vittima: da ultimo un tuffo nel Medioevo dove una monaca declina estasi e patimento di una vocazione che nel sottile confine tra sacro e profano, tra divino ed umano, assume i contorni di una struggente via crucis dove ora si è soli, ora al centro al mondo. 
A guidare l’ascolto dell’ultimo canto, ispirato alla figura della beata Angela da Foligno, è il dubbio se la voce possa farsi immagine, e l’immagine diventare parola, interrogativo che può esser benissimo esteso all'intero progetto diretto da Michele Di Mauro in una regia ricca, a tratti persino ai limiti della bulimia teatrale, di simboli e di visioni, di immagini video come di suggestioni musicali, in uno spazio scenico, ideato e illuminato dal sempre prezioso Lucio Diana, solo in apparenza privo di ordine. 

Un contenitore di suggestioni e di evocazioni al cui interno risuonano le parole di Sgorbani, prosa da ascoltare e condividere che per farsi presenza viva necessita più che mai di un adeguato tramite: ed alla prova dei fatti miglior interprete non poteva esserci che Ilaria Matilde Vigna, magnetica protagonista di un’eccellente e complessa prova d’attrice che nelle tre differenti partiture vocali è prima ingenua a sognante innamorata, poi donna invasa ed accecata da un amore sbagliato, da ultimo tormentata e combattuta mistica. Affiancata in scena dalla presenza di Giulio Maria Cavallini, silenzioso factotum al bisogno pronto ad intervenire, la Vigna impressiona per maturità e carisma a dispetto di un’età anagrafica ancor molto giovane: mai sopra le righe, a suo assoluto agio nell'ininterrotta altalena dei linguaggi proposti, l’attrice rodigina regala al pubblico un’ora abbondante di ""conversazioni monologanti” di assoluto impatto.
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