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A tutto Gaber
a cura di Denise Perego
Visto al Teatro Martinitt il 21 settembre 2019
Compagnia: Bagart Ballet Company
Coreografie: Barbara Gatto 
Danzatori: Marta Castelletta, Asya Pravato, Gjergji Meshaj, Viola Rango, Matteo Castelletta, Ivet Ivanova 
Musiche: Giorgio Gaber
A tutto Gaber, l'ultimo lavoro della compagnia Bagart Ballet Company con le coreografie di Barbara Gatto, è andato in scena sabato 21 settembre, al Teatro Martinitt, inserito all’interno della rassegna Dance Explosion. Lo spettacolo vuole essere un omaggio all’intensa e poetica oratoria di Giorgio Gaber, come suggerisce il titolo. L’intero spettacolo è infatti accompagnato dalle note ma soprattutto dalle parole del Signor G, il quale accompagna i danzatori e gli spettatori in un viaggio nel tempo, in grado di trasportare tutti in quella Milano fertile di arte e sperimentazione che fu e che, sotto alcuni aspetti, ancora è. È proprio sull’onda della sperimentazione che si snoda la grande abilità dei sei ballerini di A tutto Gaber, che danzano immersi in una scenografia minimal composta da numerose tolle di vernice di varie dimensioni, con le quali i danzatori interagiscono creando nuovi spazi e figure. 

Sin dall’apertura del sipario è chiaro l’intento dello spettacolo: rendere omaggio all’ironia sottile del grande cantautore, alla sua inconfondibile mimica e alla contaminazione artistica. Infatti verrebbe da definire A tutto Gaber non solo uno spettacolo di danza contemporanea, ma un vero e proprio teatro-danza nel senso più stretto del termine: sono proprio le scene mimate e recitate a coinvolgere maggiormente lo spettatore. I sei ballerini, sempre in scena per l’intera durata dello spettacolo, si trovano infatti a destreggiarsi tra abilità recitative e di tecnica contemporanea senza mai contrastare la voce del Signor G che, non solo fa da sottofondo, ma rappresenta la guida stilistica dello spettacolo. Sembrerebbe quasi che la coreografa Barbara Gatto abbia voluto restituire al pubblico uno spettacolo in cui i danzatori si avvicinino sempre di più all’uomo comune, svestito di ogni lustro e virtuosismo, allontanandosi dall’immagine di loro stessi e dal canonico concetto di “ballerino”, per definizione formato per portare se stesso oltre ogni limite e per portare il proprio corpo all’eccellenza; cosa che, appena la coreografia lo concede, i ballerini dimostrano di saper fare egregiamente. 

Gaber c’è. C’è nella postura dei ballerini, nei movimenti delle loro braccia, nella camminata ondeggiata, nella mimica accentuata e nel bisogno di leggerezza. Anche la selezione delle canzoni di Gaber denota grande ricerca e studio, spaziando dalle le più note al pubblico come Destra sinistra e Barbera e champagne a canzoni più ricercate come La nave e Com’è bella la città, ricreando l’atmosfera gioiosa dei teatri degli anni ‘70/’80 quando il Signor G riusciva a raccontare a tutti la bellezza dell’Italia e, perché no, anche delle sue profonde contraddizioni. Un po’ come per ricordare a tutti che c’è sempre un motivo per sorridere e fare dell’ironia, nonostante tutto. Ciò che importa davvero, però, è avere la capacità critica e avere coscienza che dietro ogni ballata o canzonetta che ci strappa una risata, corrisponde un pensiero critico che fotografa la nostra società, oggi più di ieri. E forse con questa consapevolezza, danzando sulle note di Mi scusi presidente, la Bagart Ballet Company strappa l’ultima risata a tutta la platea, regalando spensieratezza e la consapevolezza che, chi più e chi meno, una volta usciti dalla sala ci saremmo sentiti tutti spogliati delle nostre superficialità, come suggerisce la scena di chiusura dello spettacolo. 

Verrebbe da obiettare che la scelta di trasporre in danza le canzoni di Gaber restituendone solamente l’ironia e il divertimento forse non è il modo più esaustivo per raccontare il Signor G, ma è evidente che A tutto Gaber sia un tentativo consapevole di regalare allo spettatore un’ora di totale spensieratezza. Insomma, uno spettacolo che racconta e restituisce la leggerezza di uno dei cantautori più amati da tutti i milanesi e non, che fa sentire grande nostalgia delle sue risate, dei suoi silenzi improvvisi e di quell’andamento goffo mentre suona la chitarra sorridendo. Probabilmente il Signor G, di questa nostalgia, ne riderebbe.
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