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Prima la musica e poi le parole / Gianni Schicchi: un insolito dittico
a cura di Nicola Bionda
Visto il 10 luglio al Teatro alla Scala
Di Antonio Salieri / Giacomo Puccini 
Progetto Accademia Solisti dell'Accademia di perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala 
Orchestra dell'Accademia Teatro alla Scala
PRIMA LA MUSICA E POI LE PAROLE 
Direttore: Ádám Fischer 
Regia: Grischa Asagaroff 
Scene e costumi: Luigi Perego 
Luci: Marco Filibeck 
CAST:
Maestro di cappella: Ambrogio Maestri, Donna Eleonora: Anna-Doris Capitelli, Tonina: Enkeleda Kamani - Francesca Pia Vitale,  Poeta: Ramiro Maturana - Maharram Huseynov
Nuova Produzione Teatro alla Scala  
GIANNI SCHICCHI 
Direttore: : Ádám Fischer 
Regia: Woody Allen 
Regia ripresa da: Kathleen Smith Belcher 
Supervisore: Grischa Asagaroff 
Scene e costumi: Santo Loquasto 
Luci: York Kennedy 
Produzione Los Angeles Opera 
CAST:
Gianni Schicchi: Ambrogio Maestri, Lauretta: Francesca Manzo - Tsisana Giorgadze,  Zita: Valeria Girardello - Daria Cherniy,  Rinuccio: Chuan Wang - Hun Kim, Gherardo:  Hun Kim - Chuan Wang,  Nella: Marika Spadafino - Francesca Pia Vitale
Alexander Pereira, quasi alla fine del suo mandato, ravviva l’attenzione estiva sul cartellone della Scala, in questo periodo frequentata più da turisti in cerca di un selfie culturale che da veri appassionati di lirica, portando a Milano un nome di peso come Woody Allen, con il suo allestimento del Gianni Schicchi di Puccini, realizzato nel 2008 per la Los Angeles Opera e che, dopo essere stato replicato al Festival di Spoleto, approda ora nel tempio milanese della lirica.



Giustifica questa abile e legittima operazione di marketing, l’inserimento dell’atto unico pucciniano all’interno del tradizionale allestimento dell’Accademia del Teatro alla Scala, una specie di “saggio di fine anno” per una delle massime istituzioni mondiali nel campo della formazione artistica. Viene quindi proposto un insolito dittico che vede accostati due titoli, due atti unici, profondamente diversi tra loro. Prima Salieri, con il suo divertimento teatrale Prima la musica e poi le parole in prima assoluta a Milano e a seguire il Puccini di Woody Allen vero punto di attrazione di tutta l’operazione. I due titoli, entrambi interpretati dai cantanti dell’Accademia della Scala, e con la partecipazione straordinaria, nei panni del doppio protagonista, di Ambrogio Maestri, vengono presentati in successione, uno dopo l’altro. 

Apre il dittico l’atto unico di Salieri, un emblematico esempio di opera metateatrale, che narra le vicissitudini di un compositore e di un poeta alle prese con un dramma da scrivere in soli quattro giorni, con tutte le complicazioni e i divertissement del caso. Le dinamiche della composizione, i rapporti tra il compositore e il librettista, la rivalità tra le prime donne, il dilemma sulla scelta di genere (opera buffa o seria?), i capricci della committenza; generano momenti interessanti nella loro singolarità. La musica di Salieri, la parodia e la fusione dei generi (serio e comico), portano a risultati piacevoli che aprono a momenti particolarmente interessanti (sopratutto nel finale quando i due stili si sovrappongono) ma che sono inevitabilmente schiacciati da lunghissimi recitativi secchi che ne vanificano ogni velleità di piacevole fruibilità. Il meraviglioso Ambrogio Maestri, nei panni del Maestro di cappella, sostiene l’opera, con la sua imponente presenza fisica e con una vocalità sempre solida sia nei recitativi che nelle arie. Lo affiancano i giovani Maharram Huseynov (buona la presenza scenica, non era facile emergere al fianco di Maestri) e le due donne, la tragica Anna-Doris Capitelli e la comica Francesca Pia Vitale, che nonostante qualche piccola incertezza raccolgono sinceri applausi. Rimane completamente in secondo piano la regia, non certo aiutata dalle scenografie assolutamente elementari di Santo Loquasto

Lo Schicchi di Allen, ripreso nella regia da Kathleen Smith Belcher, risulta sicuramente molto più piacevole e interessante, pur soffrendo di un’inevitabile aura da immaginario stereotipato del Belpaese. Firenze giganteggia alle spalle dei protagonisti con le sue vedute, i suoi scorci diroccati, e i panni stesi alle finestre. Non mancano nemmeno gli spaghetti (omaggio cinematografico a Miseria e nobiltà o stereotipo duro a morire?). Non ci si potrebbe però attendere da Allen un’operazione diversa. La sua regia, almeno in superficie, è semplice e leggera. L’attenzione, come sempre, è sullo sguardo. Elegante, acuto, ironico. Cinematografico. Il lavoro di Allen, sino ad oggi la unica sua incursione nel melodramma, ha il merito di cogliere pienamente la scrittura visiva del più cinematografico di tutti gli autori, Puccini. La scena è sempre ben studiata e la caratterizzazione dei personaggi esaltata. Un tributo, magari un po' semplicistico, al realismo cinematografico italiano per uno spettacolo che funziona alla perfezione e che diverte lo spettatore. 

Il vero filrouge di tutta l’operazione è sicuramente Ambrogio Maestri che, protagonista in entrambi i lavori, con la sua versatilità musicale sostiene con disarmante semplicità due allestimenti che altrimenti lascerebbero qualche perplessità. Ci rimane il dubbio sulla scelta delle due regie per il progetto dell’Accademia del Teatro Alla Scala. Se lo Schicchi può essere sicuramente considerato una grande opportunità di confronto con l’attenzione che un regista come Allen può attirare, la regia di Grischa Asagaroff rimane invece un’occasione sprecata. Se l’accademia vuole rimanere un’eccellenza a livello mondiale, uno dei punti massimi di alta formazione artistica per i musicisti e per gli interpreti del futuro, forse bisognerebbe osare il confronto con regie più complesse. Capaci di fornire un’indicazione vera su dove si sta indirizzando il futuro della lirica.




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