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LA ESPINA QUE QUISO SER FLOR O LA FLOR QUE SOÑÓ CON SER BAILAORA
a cura di Stefania Landi
Visto al Teatro Strehler il 29 giugno 2017
Baile: Olga Pericet / Artista invitado: Jesús Fernández - Guitarra: Antonia Jiménez y Pino Losada - Cante: Miguel Lavi y Miguel Ortega
La seconda serata del Milano Flamenco Festival 2017 si è aperta con un albero dall’esile tronco che emergeva curvilineo, dal palcoscenico del Teatro Strehler. È l’unico elemento scenico di La espina que quiso ser flor o la flor que soñó con ser bailaora (trad: La spina che voleva essere fiore o il fiore che sognava di essere una ballerina), spettacolo di flamenco della Compagnia Olga Pericet, presentato in Prima Internazionale. 

Ed è proprio la celebre interprete del linguaggio flamenco, Olga Pericet, a presentarsi sulla scena sola, vestita di un rosa brillante, con indosso scarpe rilucenti. I suoi movimenti iniziano riecheggiando l’aerea gestualità del balletto classico. Accarezzano morbidamente l’aria per poi diventare meccanici e rigidi. Ricordano quelli di una marionetta amministrata dall’alto, dove non cadono fili. Piovono invece, dalle quinte, decine di scarpe con tacco. Olga le indossa, si burla del femmineo atteggiamento seduttivo, le appoggia in vita (nell’elastico dei leggins) e cammina spavaldamente. È a questo punto che il flamenco irrompe, dal corpo e dai piedi della bailaora, che finalmente indossa le attesissime scarpe chiodate. E avvia una scioltissima narrazione ritmica della sua interiorità, rendendo il suo stesso corpo una percussione umana. Petto, gambe, piedi e dita dotate di nacchere riproducono suoni che restituiscono, attraverso la danza, l’organicità ontologica dell’interprete. 

Al suo fianco, sul palco, entrano ed escono i bravi musicisti: alla chitarra la mascolina Antonia Jiménez – che non manca di sottolineare ironicamente il suo genere, sfoderando un rossetto e tingendosi le labbra prima di un assolo – e Pino Losada. Con loro i cantanti Miguel Lavi e Miguel Ortega, provvisti di ruvide e splendide vocalità, che si alternano e intrecciano alla partitura ritmica della ballerina. Insieme a lei, nel baile, anche un artista ospite, lo straordinario Jesús Fernández. Vale la pena citare l’irresistibile duetto che li vede protagonisti di una estrosa quanto brillante mimesi. Servendosi di movenze piumate, i due si cimentano in una approccio fisico provocando un gustosissimo gioco tra generi che si trovano, si corteggiano, si rimbrottano fino a inglobarsi l’uno nell’altro

Olga Pericet interpreta lo spirito del suo io più profondo proponendo un flamenco sperimentale, vicino alla propria intimità. Ne risulta uno spettacolo diviso per quadri, che mescola sentimenti contrastanti, dalla gioia all’amarezza, in un percorso di non immediata fluidità espositiva ma che dimostra quanto la potenza ritmica possa ergersi a comprensione della cultura e della spiritualità dell’uomo.
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