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Il regno profondo. Perché sei qui?
a cura di Giampiero Raganelli
Visto al teatro Elfo Puccini il 4 aprile 2019
Lettura drammatica 
scritto da Claudia Castellucci 
regia vocale di Chiara Guidi 
interpretato da Claudia Castellucci e Chiara Guidi 
musiche Scott Gibbons, Giuseppe Ielasi 
fonico Andrea Scardovi 
produzione Societas
«Cosa faccio io qui?», «Perché sei qui?». Sono tra le domande essenziali, fondamentali che si pongono i due personaggi sulla scena, che si interrogano sull'essenza dell'universo, sull'essere. Terzo capitolo di una trilogia, Il regno profondo, Perché sei qui? di Claudia Castellucci, segue La vita delle vite e Dialogo degli schiavi. E ulteriore lavoro di Chiara Guidi sulla voce e le sue infinite potenzialità, una foresta di immagini invisibili, sul timbro, sulle corde vocali come elemento totale del teatro. Lo spettacolo riprende testi di Claudia Castellucci, già messi in scena, nel lavoro Oro di bocca, dalla ex-Socìetas Raffaello Sanzio, ora rigeneratasi semplicemente con il nome di Societas, Testi con aggiunta di nuovi elementi per una nuova partitura vocale/musicale/fisica che vede sul palco Claudia Castellucci e Chiara Guidi in una scena elementare, rarefatta una semplice pedana immersa in una nebbia

Le due anime fondatrici della Socìetas costruiscono un doppio, vestite con lo stesso abito vintage, sobrio, a tartan, come un vestito “della nonna” per loro che si definiscono megere, con in mano un libretto, recitando all'inizio all'unisono, per poi scindersi, scomporsi, dall'uno, passare alla forma del dialogo con un differente registro timbrico. Sono due personaggi assolutamente beckettiani, che attingono in molti modi dall'autore del teatro dell'assurdo. Da un lato l'esplorazione esistenziale di Vladimiro ed Estragone, dall'altro la fissità di Winnie o di Nagg e Nell, e la pedana come quella di Quad

Le due donne sul palcoscenico si interrogano sulle domande cardine dell'uomo, sull'esistenza di un Dio, sul destino dell'umanità, sul bene e il male, sul libero arbitrio. Usano un'inflessione dialettale che ci porta ancora a una dimensione di semplicità, immediatezza. Non è un dotto linguaggio accademico. E arrivano a enucleare la rispondenza stessa di suoni e lettere, di parole e significati. Il flusso della loro voce è intervallato da messaggi pubblicitari proiettati, semplici slogan scarnificati, subliminali che mettono in un unico tritacarne massificante la microgiustizia con i fagioli borlotti. 

Si arriverà a una deflagrazione sonora, come un big bang. Spesso le due protagoniste fanno riferimento a stati primari, come l'infanzia o o di regressione come la follia, condizioni in cui è più naturale pensare ai massimi sistemi. E spesso utilizzano filastrocche, come il Girotondo, storpiate («Tutti cascano a terra tranne noi»). Ricorre il tema della rotazione che si traduce in un movimento delle attrici attorno a se stesse, ma rimanendo immobili, grazie a elementi girevoli della pedana. È il senso stesso di uno spettacolo che si avvita, come un generatore continuo di domande.
  • @L.Ghedini 
    @L.Ghedini 
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