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Recensione di: Foto di gruppo in un interno
Simone Nebbia
`Se non ci fosse polvere, non ci sarebbe niente da fare…`
Come a volte una frase dica di uno spettacolo: l'ispirazione d'ascesa e la decadenza che vi sottace, il calcolo e la necessità, la realtà in cui si misurano le esistenze, il tempo che le sconfigge. Questa sensazione ha guidato la scrittura collettiva della compagnia Casa d'Argilla e la regia di Lisa Ferlazzo Natoli, creatori di questo splendido Foto di gruppo in un interno.

La prima foto di gruppo è di spalle, svelando una scena simmetrica che si tinge di un bianco borghese, laccato beige che si specchia al loro viso, laccato anch'esso dalla malformità del candore, la finitezza della convenzione, la polvere che, al respiro, si prende il cavo delle narici. Poi un arco di mattoni, che sembra la lapide di questo interno familiare, i rami secchi che ne fanno ghirlanda passita, sembrano coronare la loro fine, annientarla, come minacciassero di avvincersi al tepore innaturale di questa intimità borghese.

La seconda foto di gruppo è di fronte, il volto svela la freddezza calcolatrice di personaggi sveviani, qualche lume conduce al Bassani di Ferrara ed il canto di una borghesia compassata, il cui lento decadere ha radici lontane, come tuttavia indolente se ne avverte la fine. Si alzano poi, giocano con le porte girevoli che volteggiano come in un walzer, gioco di incontri, entrate e uscite nelle vite altrui, fino a svelare in musica un sorriso apparente come se, per la foto, fosse richiesta una finzione di felicità.

La terza foto è un coro, diretto dallo straniero giunto in casa: faccetta nera in sinfonia con una guida tedesca: il grande sogno di prima, la grande colpa di ciò che venne. Nel coro sibillino di convenzioni e di invidie, di colpo Ester, la domestica, che vuole evadere: non è che l'organismo vivo che sente morire quello in cui esiste e così se ne va, cerca di perpetuare altrove quella sua esistenza. In questo stesso coro attori bravissimi, bellissimi al punto che vorrei conoscerli di fuori per capire se è una bellezza solo di scena; la regia della Natoli è così pienamente consapevole di sé, della qualità che sprigiona, che è bello sentirsi nello stesso posto dove accade.

L'ultima foto sono io, specchio di loro: il mio coinvolgimento, la mia colpa, l'arte che se ne fa: vedo questa pièce stimolante e ben recitata, avverto nell'aria un profumo dolce che non saprei dire se sia una percezione dello spettacolo o quello della donna seduta di fianco a me: ma poco importa, mi aiuta a capire che anche dalle foto, è possibile avvertire un profumo.
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