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Streaming? No, grazie. Tedacà riscalda i motori con il PROGETTO 21
a cura di Roberto Canavesi
Alla scoperta del progetto di (ri)nascita artistica ideato dal collettivo torinese
Per gli abituali frequentatori delle sale torinesi la casa della compagnia Tedacà, il Teatro Bellarte, è per definizione location sui generis, spazio periferico fuori dal circuito dei salotti buoni in una città la cui "vita teatrale" è sempre stata estremamente vivace: parcheggiare nei pressi del giardino che circonda il basso edificio di Bellarte vuol dire entrar nel cuore pulsante di un quartiere come tanti, di quell’insieme di strade e case il cui reticolato rappresenta la mappa genetica di una qualsiasi città di medie dimensioni.
Bellarte nel corso degli anni è diventato luogo di un’aggregazione cultural ogni giorno più vissuta, non solo come sede di stagioni teatrali, ma anche nella veste di luogo per attività didattiche e laboratoriali: ben si comprende cosa la paralisi della programmazione teatrale abbia potuto rappresentare per questa realtà che conta a libro paga ventuno persone tra staff tecnico, amministrativo ed artistico, uomini e donne la cui sopravvivenza lavorativa è stata messa dura prova nell’ultimo anno e mezzo. Ma se è vero che da ogni difficoltà possono nascere occasioni, tra una l’ospitalità e l’altra delle residenze legate al cartellone Fertili Terreni Teatro, di cui Tedacà è artefice insieme ad altre tre compagnie cittadine, ecco sottotraccia prender forma Progetto 21, approccio sperimentale ad un nuovo modo di fare teatro, o forse di fare impresa da un punto di vista culturale: con Simone Schinocca, direttore artistico di Tedacà, abbiamo indagato i confini di un’attività progettuale, ancor oggi in divenire, che ha però già ben chiaro l’obiettivo finale. 

Simone, partiamo dalla domanda meno originale: che cos’è Progetto 21? 
"Progetto 21 è idea che con il tempo sta assumendo una dimensione sempre più concreta: nasce da un’azione di crowfunding su spettacoli a tenuta programmati durante il periodo natalizio che ha riscosso grande successo. Ci siamo interrogati sul modo in cui avremmo potuto mettere in moto una nuova macchina progettuale, convinti di come questa paralisi operativa rischi di causare la completa atrofia: si è così deciso di utilizzare le risorse raccolte in un’azione di sostegno al reddito chiudendoci in sala prove con il coinvolgimento di tutte le persone che a Tedacà lavorano, ciascuno nel proprio ambito. Individuati ventuno partecipanti si è iniziato ad immaginare un lavoro comune, retribuito, senza alcun pensiero di dove saremmo voluti andare a finire: sempre distanziati e con mascherina, nella prima fase di lavoro in sessioni di quattro ore di prova ci siamo interrogati sul come stiamo, con ogni partecipante invitato a metter a fattor comune la propria risposta. Abbiamo ritualizzato le quattro ore di lavoro, condividendo schemi di movimento, micro parti coreografiche, parole comuni, arrivando alla definizione di un territorio reso vivo da flussi corporei segnati da momenti in cui, singolarmente o a gruppi, si portano delle proposte: ogni settimana si individua un tema di lavoro, serie di suggestioni via via sviluppate sulla base dei contributi dei singoli partecipanti". 

Tedacà è acronimo formato dalle anime originarie del collettivo artistico, il teatro, la danza ed il canto: in Progetto 21, se presenti, quali gli equilibri fra le tre componenti? 
"Quello che ha preso da subito un enorme spazio è stato il DA, la parte del corpo: nel secondo mese di lavoro abbiamo lavorato tutti alla costruzione di un tappeto corporeo, improvvisazioni a tema che hanno portato a tutti i ventuno partecipanti la consapevolezza di lavorare nello spazio su precisi schemi. Ed ancora si sono create sequenze coreografiche, linguaggio comune per tutto il gruppo, al cui interno si è ritagliata importanza il codice dei segni: tutto questo pensavamo fosse diventato il cuore del Progetto, salvo poi accorgerci giorno dopo giorno come la parola tornasse ad acquisire sempre più peso, lasciando alla dimensione corporea il ruolo di corollario dell’elemento narrativo". 

Nelle coordinate di Progetto 21 si intravede una nuova idea del fare teatro e del rapporto tra artisti e pubblico: in quali contesti, non necessariamente teatrali, immaginate possa prender forma questo nuovo percorso? 
"E’ stata questa la grande domanda dell’ultimo mese di lavoro che ha portato ad interrogarci tutti sul fatto se questo grande cerchio che stiamo costruendo debba vivere sempre a porte chiuse, o possa un domani aprirsi all’esterno: siamo convinti che, dalla prospettiva di un ipotetico spettatore, potrebbe essere molto interessante conoscere lo svelamento del processo creativo, con la speranza che quando sarà possibile riaprire i teatri si possa coinvolgere il pubblico in una dimensione rituale dove spettatori ed artisti siano sullo stesso piano in un contesto extra teatrale, che sia un parco, uno spazio o una sala di museo, cercando di portare fuori dal suo ambito il rito collettivo. Il tutto senza tralasciare il fatto che il singolo spettatore possa esser invogliato ad alzare la mano, e a portare il proprio contributo attivo nel futuro accrescimento del progetto".

Come addetti ai lavori in questi mesi abbiamo vissuto, e continuiamo e vivere, il dibattito legato a nuove possibili forme di teatro, su tutti lo streaming: Tedacà non ha ceduto alla più che legittima tentazione di avventurarsi in nuovi sentieri di sperimentazione. Scelta calcolata o semplice casualità? "Assolutamente calcolata perché quel canale non è proprio il nostro mondo come testimonia la quasi totale assenza nei lavori della compagnia di un uso esasperato della tecnologia: quello che abbiamo tentato di percorrere è stata la strada delle residenze che in assoluto sentiamo molto più vicine alla nostra idea di arte. Vogliamo utilizzare questo tempo per sperimentare forme nuove che ci possano suggestionare e stimolare a nuove modalità di incontro con il pubblico, del tutto aliene però da un utilizzo mirato del mezzo tecnologico".

Nessuno sa quando, ma soprattutto come, riapriranno i teatri: io sono convinto che per il teatro non sarà un ritorno alle origini, ma un nuovo inizio, con incognite e potenzialità tutte da scoprire: come si immagina il Simone uomo di teatro questa nuova alba? 
"Mi immagino che quando si ritornerà a teatri aperti due debbano essere le linee guida: tutti i teatranti, sulla scorta della scarsissima attenzione registrata in questi mesi, dovranno aver compreso quanto sia fondamentale nel nostro tempo l’importanza ed il ruolo del lavoro che fanno: a ciò si dovrà aggiungere il pesante fardello in termini di solitudine e smarrimento che questo lungo periodo ci ha lasciato in eredità. Da qui l’esigenza di ricostruire la dimensione rituale, lasciando ad altri ambiti, o se preferite delegando ad altre piattaforme, la funzione di semplice intrattenimento".

Diretti da Simone Schinocca, con il coordinamento tecnico di Florinda Lombardi e le fotografie di Emanuele Basile, partecipano a Progetto 21 Valentina Aicardi, Federica Beccaria, Francesca Bovolenta, Francesca Cassottana, Claudia Cotza, Antonella Delli Gatti, Giulia Guida, Silvia Freda, Costanza Frola, Marco Musarella, Michela Paleologo, Valeria Pugliese, Valentina Renna, Marisa Russo, Andrea Semestrali, Viviana Stizzolo, Livio Taddeo e Giulia Vescovo.
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