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Recensione di: Natura morta in un fosso
Un noir senza intenti moralistici o didascalici, un poliziesco dalla narrativa lineare ed accattivante: Natura morta in un fosso di Fausto Paravidino, monologo per sei personaggi in un contesto da cronaca nera, diventa nell’adattamento della torinese Associazione Nessun Vizio Minore, coinvolgente racconto corale con tanto di impensato epilogo.
Una giovane ragazza, Elisa Orlando, è trovata cadavere in un fosso, l’ennesimo episodio di violenza in una provincia attraversata da perbenismo ed ipocrisia: le indagini spaziano a tutto campo, dalla famiglia agli amici, passando per gli aspetti più intimi di quell’universo privato alla fine depositario, secondo la miglior tradizione “gialla”, dell’immancabile colpo di scena. Una vicenda tragica ma anche, e soprattutto, lo spaccato di una quotidianità minata nelle fondamenta da prostituzione come droga, da ricatti come mancanza di futuro, tutti elementi che delimitano la cornice al cui interno sopravvive una società malata dove persino la cellula famigliare è prossima al collasso.
 
Di cornice in cornice, Davide Bernardi e Monica Iannessi ambientano la loro azione in un rettangolo delimitato da righe bianche: una “stanza della tortura” percorsa da un’umanità di spacciatori e prostitute, di genitori come inquirenti allergici alle televisioni, per una partita a scacchi condotta sul filo della tensione e dell’emotività. I sei applauditi interpreti, attuando modalità “brechtiane” con cambio di abiti a vista, entrano ed escono dallo spazio scenico senza filtri, denotando affiatamento e ritmo per un risultato finale che è anche sintesi dei differenti punti di vista del tragico avvenimento.
 
E se spuntano anche alcune macchie, su tutte la gestione del buio nei cambi scena, ad offuscare in parte l’esito finale, trattasi di “ingenuità” che il tempo potrà limare, e che certo non modificano il giudizio sulla prova di una vivace realtà del panorama teatrale torinese.
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    Natura morta in un fosso
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