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I (poco) stupidi e (tanto) sublimi "on air" di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
a cura di Roberto Canavesi
Visto a San Pietro in Vincoli di Torino sabato 17 luglio 2021
Drammaturgia, regia ed interpretazione Enzo Vetrano e Stefano Randisi

Produzione Cooperativa Le Tre Corde
Compito del critico teatrale non è solo quello di sentenziare su di uno spettacolo, con giudizi più o meno condivisibili, ma anche se necessario di evidenziarne gli aspetti incongruenti: ed allora, facciamoci forza, e riferiamo senza timor di smentita come Due stupidi sublimi (on air), progetto teatral/radiofonico di Enzo Vetrano e Stefano Randisi, sia titolo mendace ed ingannevole. E sia chiaro che la critica la si rivolge non tanto al termine "sublime", sintesi perfetta per l’interpretazione dei due interpreti, quanto all’aggettivo "stupido", assai lontano dal render giustizia ai protagonisti degli sketch ambientati live in una radio dove Enzo Vetrano e Stefano Randisi si trovano ad esser ospiti. Stiamo ovviamente scherzando, l’accostamento negativo/positivo è volutamente provocatorio, ma quale che sia il giudizio sul titolo quel che resta è uno spettacolo di rara intelligenza drammaturgica, bellissimo omaggio ad un arte attoriale che Vetrano e Randisi celebrano come meglio non potrebbero.

Nello studio di una stazione radio che trasmette in diretta, i due attori sono chiamati ad intrattenere il pubblico via etere come quello presente (leggasi spettatori in sala) con una serie di surreali dialoghi ambientati in una non meglio definita isola deserta: immaginario spazio dell’anima, luogo fantastico alla fine rivelatosi inesistente, l’isola che non c’è diventa palcoscenico per sketch radiofonici che sono imperdibili pezzi di teatro con cui addentrarsi nei meandri della vita quotidiana, perdendosi in discussioni tanto all’apparenza frivole quanto in realtà grottesche riletture del caos esistenziale. Vetrano e Randisi giocano, e nel gioco teatrale fatto di deformazioni onomatopeiche come di concerti senza musica, di riflessioni sulla paura della pioggia per arrivare all’evocazione del beckettiano Giorni felici, si fanno essi stessi incarnazione di moderni Vladimiro ed Estragone, maschere di una vita fatta teatro, o se si preferisce di un teatro che riflette sulla vita, dalla spiazzante intelligenza e disarmante serietà: naufraghi in un’isola immaginaria, eredi di una tradizione attoriale che li ha visti spaziare da Goldoni a Pirandello, passando per i grandi classi della scena, trascinano lo spettatore in un sublime e per nulla stupido vortice di parole ed immagini su cui riflettere, guidandolo in una grottesca analisi della psiche umana e della sue non meno strampalate assurdità.
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