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Girovagando per tre serate all'Earthink Festival...
a cura di Roberto Canavesi
Un sabato di fine estate, in riva al fiume Po, due "maratonattori" per un’ora corrono sul posto impegnati in una piéce immaginata nella Grande Mela: siamo a Torino, negli spazi dell’Imbarchino del Parco Valentino, all’Earthink Festival da dieci anni organizzato con caparbietà dall’Associazione Tékhné diretta da Serena Bavo, e la corsa che raccontiamo è quella de La maratona di New York con Davide Paganini e Massimiliano Caretta instancabili runner nel testo di Edoardo Erba per una serata in cui acido lattico e suggestioni della vita vera si fondono in una miscela di parole ed emozioni.
Nella giornata inaugurale della rassegna torinese dedicata all’ecosostenibilità prende forma il racconto staticamente itinerante che vede una coppia di amici, Steve e Mario, impegnarsi in una corsa che tanto sa di rincorsa alla vita: e se Steve recita il ruolo del leader, pronto a dettare ritmi e tempi dell’allenamento, Mario è creatura più fragile ed insicura, prigioniero dei fantasmi di un passato da cui non riesce a sottrarsi. Le donne e Dio, l’amicizia e la vita in generale, sono gli elementi che vedono Steve, con il passare dei chilometri e dei minuti, guardare sempre diritto, proiettato nel futuro, e Mario più volte tentato da fermarsi per invertire il corso di marcia riavvolgendo il nastro della sua esistenza. Ma la maratona, è risaputo, non è un corsetta sul posto e cosi, minuto dopo minuto, le parti si invertono: Mario acquisisce sicurezza e inizia a distanziare il compagno suo malgrado sempre più rigido ed in difficoltà a tal punto da staccarsi per poi abbandonare in un inaspettato finale che spariglia le carte in tavola. 
Metafora dell’esistenza e del suo ininterrotto fluire, il testo di Erba diventa originale rappresentazione della "corsa della vita", percorso ad ostacoli vissuto in mezzo a mille difficoltà dove tempo e memoria diventano i compagni di fuga da mettere dietro e sconfiggere tagliando il traguardo, al pari del soldato ateniese che attraversò l’intera piana di Maratona per riferire il suo messaggio di vittoria.

Gli spazi della Scuola Holden hanno invece ospitato You, interessante progetto di Manimotò firmato da Ariella Maggi e Giulio Canestrelli con l’interpretazione dell'infaticabile Davide Falbo: una disabitata landa deserta è il paradiso terrestre del protagonista, buffa creatura monocola dalle sembianze antropomorfe che tra alberi di nocciole, tronchi e pietre sembra aver trovato il suo ideale habitat. All’improvviso un sacco nero di rifiuti viene scaraventato sul suo territorio, e così terrore misto a curiosità hanno il sopravvento con You deciso ad aprire quell’inaspettato "regalo" per verificarne il contenuto: lattine, bottiglie di plastica, quel che resta di una gracchiante radio e di una rumorosa sveglia, sacchetti di patatine e un peluche che subito lo conquista, ecco la civiltà irrompere scardinando precari equilibri che, ben presto, indirizzano una lineare esistenza verso l’irrefrenabile deriva. Surreale metafora di come la società dei consumi possa alterare le coordinate del nostro quotidiano, You è interessante progetto di un teatro pronto a farsi istantanea della società civile qui rappresentata in chiave grottesca, salvo poi indurre ad una amara e condivisa riflessione sugli equilibri, quanto mai fragili, tra i beni materiali della collettività ed il benessere del singolo.

La terza ed ultima incursione all’Earthink Festival la viviamo all’Housing Giulia nei cui spazi assistiamo a Il magico bosco di Gan, produzione Molino Rosenkranz diretta da Roberto Pagura, anche in scena con Serena Riservato e Martina dell’Osbel: per grandi e piccini una fiaba dai contorni magici ambientata in un bosco dai grossi e luminosi alberi a forma di coni, ed abitato da fate e gnomi, da streghe e folletti: alternando dialetto al teatro d’ombra, il collettivo friulano costruisce un racconto che affonda le radici nella storia popolare, in quel passato di leggende e tradizioni, pressoché sconosciuto alle nuove generazioni, con un occhio di particolare riguardo al presente come ricordato dallo stesso Gan che ci invita "a non pensare alla Terra come a qualcosa da usare a proprio piacimento. La Terra merita sempre rispetto ed amore…".
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