adattamento Ármin Szabó-Székely; traduzione Tamara Török; regia Kriszta Székely
con (in ordine alfabetico) Valerio Binasco, Laura Curino, Alice Fazzi, Mariangela Granelli, Lisa Lendaro, Simone Luglio, Marcello Spinetta
scene Botond Devich; costumi Ildiko Tihanyi; luci Pasquale Mari; suono Filippo Conti
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Anche il Solness della regista ungherese gioca molto sulla dicotomia passato-futuro, e lo fa portando in scena un presente popolato da fantasmi che ritornano per condizionare il domani: è questo il caso di Halvard Solness, archistar dalla vita vuota, traditore seriale della moglie Aline almeno quanto presenza ostile verso l'anziana Frida, un tempo sua mentore poi assunta come assistente, come nei confronti del di lei figlio Ragnar e della fidanzata Kaja, entrambi alle sue dipendenze. A far saltare il banco sarà l'arrivo di Hilde Wangel, una giovane e misteriosa donna alla quale, dieci anni prima, l'architetto riservò morbose attenzioni arrivando a promettere un mirabolante regno con castello: la comparsa di Hilde è però anche funzionale alla rivelazione di un altro ingombrante segreto, l'incendio della precedente casa dei coniugi Solness, forse causato da una crepa nel camino ignorata da Halvard, ed indiretta causa della morte dei due figli della coppia.
L'adattamento di Ármin Szabó-Székely si indirizza verso lo svecchiamento del testo introducendo il personaggio di Frida in luogo dell'originario omologo maschile a voler sottolineare le dinamiche uomo-donna nel contesto lavorativo: anche il finale è una sorta di variazione sul tema con Solness morire non a seguito di una caduta, come nell'originale di Ibsen, semmai congedarsi da questo mondo dopo esser stato sospeso in aria insieme ad Hilde, epilogo immaginifico a voler sottolineare come il momento della definitiva scalata sociale possa coincidere con il punto di non ritorno.
Riscritture a parte, Kriszta Székely imposta l'intero progetto attenta a non perder di vista i temi cardine del copione ibseniano, dal conflitto generazionale Solness-Hilde, al rapporto tra la creazione artistica ed il quotidiano, passando per una riflessione sulla violenza psicologica che Solness esercita sui più giovani, indirizzando la propria ed altrui esistenza. Ed ancora, Ibsen scrive nel 1892 con Sigmund Freud alle porte, contano non poco anche il non detto e l'alluso, quel sottotesto che la presenza in scena dello psichiatra Herdal porta a galla sotto forma di dialoghi prossimi a sedute psicanalitiche, connotando il tutto di una aurea legata ad occultismo e misticismo in grado di far slittare lo spettacolo su una dimensione meno terrena.
Un Ibsen ai giorni nostri, il Solness diretto da Kriszta Székely beneficia dell'interpretazione di Valerio Binasco, per quanto a tratti troppo gigione nei panni del protagonista, ottimamente supportato dall'Aline di Mariangela Granelli con Laura Curino e Simone Luglio ben tratteggiare i caratteri di Frida ed Herdal: se Marcello Spinetta e Lisa Lendaro sostengono con cura i ruoli giovani di Ragnar e Kaja, citazione a parte merita l'Hilde di Alice Fazzi, giovane attrice, formatasi alla Scuola per Attori dello Stabile torinese, che con coraggio e impegno regge l'urto della prima vera prova riuscendo per larghi tratti ad arricchire Hilde di un enigmatico ed a tratti onirico senso di inafferrabile, a nostro parere cifra stilistica del suo personaggio.
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