Nel 2004 interpretato da Michela Cescon in un allestimento celebrato da pubblico e critica, prima traccia di quello che nel 1965 diventerà sul grande schermo Giulietta degli spiriti, il monologo Giulietta adattato per la scena da Vitaliano Trevisan avrà ora volto e voce di Roberta Caronia, attrice palermitana dal ricco curriculum di esperienze teatrali, cinematografiche e televisive, pronta a cimentarsi in una nuova sfida ricca di fascino e suggestione. Strappandola per qualche minuto alle prove in cui è impegnata in previsione del debutto torinese, abbiamo rivolto a Roberta alcune domande per meglio comprendere le coordinate dell’intero lavoro.
Creatura solitaria e statica, inchiodata al centro della scena con fattezze vagamente beckettiane, Giulietta vive il contrasto tra la solitudine fisica e l’invisibile transito dei fantasmi dello spirito, presenze-assenze che trasformano il racconto in un’inaspettata seduta spiritica. Ma chi è davvero Giulietta?
"Al di là della scena e delle scelte estetiche che si accompagnano ad ogni spettacolo, in questo caso riferibili ad un allestimento del 2004, Giulietta per me è innanzitutto una donna, fragile e pura: una donna che crede in un grande amore per lei fonte di non trascurabile sofferenza. La sua capacità di avvertire la presenza paranormale, di entrare in relazione con gli spiriti, si rivela essere uno strumento di liberazione, e se è innegabile in questo lavoro la presenza di una componente astrattiva, è altrettanto vero che il carattere della protagonista si nutre e risalta di un’umanissima concretezza".
A metà tra soggetto letterario e sceneggiatura cinematografica, la Giulietta teatrale anticipa uno dei capolavori assoluti del cinema felliniano reso celebre da inconfondibili ambientazioni visive e sonore, su tutte le musiche di Nino Rota: quale il ruolo nel vostro spettacolo dell’immaginario musicale ed estetico?
"L’ambientazione sonora è assolutamente fondamentale a tal punto che il mondo evocato dal racconto di Giulietta arriva a vivere nella sua testa proprio grazie ad inconfondibili suggestioni musicali: e non di meno l’elemento visivo, non potendo per ovvie ragioni paragonarsi al contesto cinematografico, gioca un ruolo di primo piano grazie alla componente luminosa capace di diventare vero e proprio elemento scenico, strumento necessario per mettere in relazione la figura della protagonista con il mondo di marionette e giostre che la circonda e l’accompagna".
Dopo Ifigenia in Cardiff di Gary Owen, presentato al pubblico torinese per il Festival delle Colline, torni a cimentarti in un monologo che richiede una "nudità" scenica maggiore rispetto ad allestimenti corali: al netto delle differenti specifiche legate alla drammaturgia, ha senso parlare per un monologo di un approccio differente rispetto ad un testo a più voci?
"Recitare in gruppo è cosa totalmente diversa che cimentarsi in un monologo, un impegno che richiede approcci differenti non fosse altro per il fatto che con gli altri interpreti, i tuoi compagni di scena, si genera un rapporto di scambio continuo, loro danno a te e tu dai a loro: il monologo, lato suo, è una grossa responsabilità per l’interprete che si trova ad avere addosso gli occhi di tutto il pubblico, senza di fatto poter trovare in scena appiglio e supporto in altre presenze. In Giulietta va detto che la presenza di una sorta di gabbia che delimita lo spazio scenico aiuta a definire il territorio al cui interno, come interprete, posso muovermi non tanto fisicamente quanto da un punto di vista di intenzioni interpretative".
La Giulietta immaginata da Fellini è donna in preda ad un flusso di coscienza riferito, per usare un espressione cinematografica, in totale soggettiva: è possibile trovare punti di contatto tra la Roberta di oggi e la Giulietta di un tempo?
"Io non riesco mai ad entrare in scena senza portare nel personaggio che interpreto qualcosa che mi appartiene, qualche elemento del mio mondo: ti dirò di più, portare una componente personale nel tuo personaggio è il modo migliore per donare qualcosa di se stessi al pubblico all'interno di una dinamica di scambi, per quanto mi riguarda, in assoluto tra gli aspetti di maggior interesse del mestiere d’attrice. Nello specifico in Giulietta ritrovo non pochi elementi che riguardano il mio esser stata bambina, aspetto che mi aiuta non poco nella definizione delle necessarie connessioni tra la mia persona ed il suo personaggio".
Le repliche del Teatro Carignano segnano il debutto di un monologo che potrebbe esercitare nel breve-medio periodo un particolare appeal nella programmazione dei teatri: quanto è importante per te riprendere a salire su di un palco e poter vivere ogni sera un incontro diverso con il pubblico?
"Non è solo importante, è fondamentale: sin dal primo giorno sono sempre stata per la ripartenza anche perché non poco incuriosita dal poter constatare in prima persona quanta gente abbia voglia di teatro. In un periodo di impensata lontananza fisica avverto l’urgenza di ritrovarci insieme, attori e pubblico, e trovo necessario rimettere in moto la macchina degli spettacoli dal vivo pur consapevole di come questi mesi abbiano fatto emergere, per quanto attiene i lavoratori dello spettacolo, molti aspetti su cui si dovrà discutere ed approfondire un dibattito costruttivo. Da ultimo, lasciamelo dire, spero che presto si possa ritornare a ritrovarsi numerosi in scena, senza dover pensare che il pur importante strumento del monologo possa e debba essere tra le uniche soluzioni percorribili".
Produzione TPE-Teatro Piemonte Europa, con il patrocinio di FELLINI 100–Celebrazioni per il Centenario della nascita di Federico Fellini, adattamento di Vitaliano Trevisan diretto da Valter Malosti, Giulietta avrà in scena Roberta Caronia: repliche al Teatro Carignano da martedì 23 a domenica 28 giugno alle 21 con ingresso ad Euro 10 ed Euro 5. Info allo 011.51.64.955 ed acquisto biglietti on line su www.teatrostabiletorino.it.
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