(Un tentativo di libertà in una piccola città)
regia di Paola Rota
un progetto di Paola Rota, Tanja Sljivar, Simonetta Solder
con Silvia Gallerano, Liliana Massari, Irene Petris, Simonetta Solder, Sofia Celentani, Sara Mafodda, Martina Massaro, Sylvia Milton
light design Cristian Zucaro - sound design Angelo Elle - traduzione di Manuela Orazi
Produzione PAV nell’ambito di Fabulamundi Playwriting Europe
Con il contributo del MiC – Ministero della Cultura e della Regione Lazio
Realmente accaduta anni fa in un paesino della Bosnia dove 7 ragazze hanno scatenato un vero e proprio terremoto, arrivando a minare la tranquillità dell'intera nazione. Come?
Le giovani tredicenni tornano da una gita scolastica tutte incinta.
Per alcuni aspetti il testo inizia a svilupparsi su una trama simile ad un film francese del 2012 "17 ragazze" della regista Delphine Coulin, che ho visto pochi mesi fa. In comune c'è la rivoluzione contro concetti prestabiliti, triti e pesanti, che le giovani portano nella società. Una rivoluzione che tocca l'essere madre, l'essere donna, l'idea di famiglia e di come la società stessa ci si rapporti. Il loro desiderio di procreare è la conseguenza del loro desiderio di creare - un po' sul serio, un po' per gioco - legami diversi, nuovi, più umani, stabili, ma fluidi che le conduce a stravolgere le regole; farlo insieme significa costruire una comunità in grado di resistere agli attacchi esterni, vuol dire trasformare il personale in sociale.
Ricorre un dubbio, ma, ammettendo la volubilità dei ragazzi, queste giovani sono davvero consapevoli di ciò che stanno facendo a livello individuale, nelle loro vite per prime stravolte dall'evento, e a livello sociale, con queste pance ad orologeria? Sicuramente il mondo delle giovani donne emerge a tutto tondo, come è e come deve essere: accanto alla visita ginecologica con tanto di umiliazione c'è il sito con gli sconti su cui poter compare tutto; ci sono gli hashtag, le abbreviazioni, i momenti di superficialità, quelli di paura e quelli da sole nella propria stanza...
Silente filo conduttore il desiderio sessuale femminile, da cui ha origine ogni cosa: l'innominato che si intravede nelle scene un po' spinte di un film per adolescenti.
Sul palco le ragazze raccontano le loro relazioni con insegnanti, madri, nonne e specialisti attraverso il ricorrere di termini quali eugenetica, perdono, procreazione, parto prematuro, mancanza di decenza. Gli adulti sono coloro che si sentono autorizzati a giudicare, a indicare la via verso la giusta soluzione. Parole che risuonano rumorose nel contesto degradato che prende forma dal racconto desolante verso il centro commerciale, mentre attraverso un monologo emerge l'origine del sogno di costruire un'altra città, a partire da ciò che nelle giovani immaginazioni rappresenta un'occupazione berlinese. Un monologo forte e delicato insieme, interpretato con grande cura, un monologo che in realtà monologo non è perché in scena, da sola, non rimane mai nessuna protagonista. Con un'unica eccezione.
La regista ci dice che questa età delle ragazze, 13 anni, è simbolica e che l'età interiore delle donne e la norma sociale non arrivano mai ad una conciliazione. Le attrici sono infatti di generazioni differenti e riescono a creare una grande sintonia con molta ironia.
Ammetto che concordo con la visione della regista.
Al contempo sono convinta che la nostra società debba impegnarsi in tutti i modi e a tutti i livelli per fare come la Rota, ovvero non lasciare nessuna donna sola, a monologare, nel palcoscenico della vita.