Germania/Svizzera
Concetto, testo e regia: Stefan Kaegi
Testo, corpo, voce: Thomas Melle
Attrezzatura: Evi Bauer
Animatronic: Chiscreatures Filmeffects GmbH
Produzione e finitura artistica della testa in silicone/colorazione e capelli: Tommy Opatz
Drammaturgia: Martin Valdés-Stauber
Video design: Mikko Gaestel
Musiche: Nicolas Neecke
Produzione: Münchner Kammerspiele
Coproduzione: Berliner Festspiele - Immersion, donaufestival, Feodor Elutine, FOG Triennale Milano Performing Arts, Temporada Alta - Festival de Tador de Catalunya, SPRING Utrecht
Durata 50’
Da sempre attratto dalla tecnologia, e dall'intelligenza artificiale, anche Stefan Kaegi dei Rimini Protokoll mette in scena, nello spettacolo Uncanny Valley, un attore robot difficilmente distinguibile da un vero essere umano se non per quell'apertura sulla testa, che mostra cavi e ingranaggi, che si può vedere solo a fine spettacolo, quando l'automa, lasciato in scena immobile, diventa oggetto dell'attenzione degli spettatori che si assiepano per osservarlo da vicino. Una reazione che probabilmente Kaegi ha ben previsto quando non voluto provocare e che si iscriverebbe in quella cifra stilistica di guidare il pubblico, dirigerlo mediante mezzi tecnologici. Unica via di fuga in uno spettacolo che, per il resto, ha una struttura classica, frontale, con gli spettatori passivi, il che rappresenta un'apparente anomalia nella concezione interattiva dei Rimini Protokoll. Ma tornare a un impianto teatrale classico, per sovvertirlo dall'interno con un attore robotico rientra perfettamente nel loro spirito di dissacrazione. Mettere questo meccanismo di fronte a un pubblico apparentemente passivo, significa metterlo con le spalle al muro, incrinare le funzioni consolidate del teatro, creare imbarazzo nel momento in cui deve pensare se applaudire o meno alla fine.
In scena si trova proprio il drammaturgo Thomas Melle, autore dello spettacolo, o meglio una sua copia robotica, che parla con la sua stessa voce. E lo spettacolo è una sorta di sua conferenza, che tratta della sua stessa esperienza e sulla lezione di Alan Turing, il precursore dell'informatica. Una riflessione esistenziale, sulla coscienza e sull'intelligenza di un uomo, come lo scrittore, che dichiara apertamente di soffrire di bipolarismo. Il perturbante, l'Unheimliche freudiano, nasce proprio da questa ambiguità iniziale, dalla difficoltà di capire se si tratti di un uomo in carne e ossa o in silicone e ingranaggi. Il titolo dello spettacolo riprende del resto una nota ricerca fatta da uno studioso di robotica giapponese Masahiro Mori già nel 1970, in base alla quale il nostro livello di empatia e accettazione di un automa, un pupazzo dalle fattezze umane, aumenta all'aumentare della sua somiglianza umana fino ad arrivare al punto in cui questa diventa eccessiva provocando un crollo a picco nella zona del perturbante, la uncanny valley.
Una delle riflessioni costanti dei Rimini Protokoll verte sulla morte: si pensi solo al loro precedente lavoro approdato in Italia, Nachlass. Pièces sans personnes, spettacolo senza attori, come spesso quelli di Kaegi, i cui protagonisti sono persone assenti, morte. Con Uncanny Valley il discorso prosegue e si amplia, mettendo in scena la presenza/assenza di Thomas Melle, della sua vita, della sua anima.
Uncanny Valley