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Uomini e no
a cura di Giampiero Raganelli
Visto al Teatro Studio Melato il 13 novembre 2018
di Michele Santeramo 
tratto dal romanzo “Uomini e no” di Elio Vittorini 
regia Carmelo Rifici 
scene Paolo Di Benedetto 
costumi Margherita Baldoni 
luci Claudio De Pace 
musiche Zeno Gabaglio 
con (in ordine alfabetico) Giuseppe Aceto, Alfonso De Vreese, Salvo Drago, Caterina Filograno, Ugo Fiore, Yasmin Karam, Leda Kreider, Maria Laura Palmeri, Benedetto Patruno, Matteo Principi, Marco Risiglione, Elena Rivoltini, Livia Rossi, Martina Sammarco, Francesco Santagada, Sacha Trapletti, Annapaola Trevenzuoli
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Un tram sezionato in due parti, aperto nel mezzo. Questo elemento scenografico, opera di Paolo Di Benedetto, campeggia nell'allestimento teatrale di Carmelo Rifici di Uomini e no, il grande romanzo della Resistenza di Elio Vittorini, pubblicato nel giugno 1945, scritto nei precedenti anni di guerra. Si tratta di un tipico tranvai, riprodotto fedelmente ma scarnificato, ridotto a uno scheletro metafisico, di una vettura della serie 1500 dell'ATM di Milano, di quelle che circolano nel capoluogo lombardo dal 1928 a oggi. Carmelo Rifici mette così al centro la milanesità, in uno dei suoi simboli, del testo di Vittorini, che fa rivivere i luoghi, la topografia della metropoli. E per il regista, che è stato vicino a Luca Ronconi, significa riproporre quella poetica scenica ronconiana dello scorrimento, degli elementi scenografici che si muovono su binari sul palcoscenico, che coinvolge altri mezzi, vettori dello spettacolo, come le biciclette, che sono ben presenti nel romanzo a indicare una città pulsante con i suoi mezzi di trasporto, vettori delle vicende raccontate. 

Il tram spaccato in due, tra le quali scorre a inizio spettacolo un fucile su un carrello, diventa metafora centrale del testo, la frattura tra uomini e non uomini, tra partigiani e fascisti, ma anche la dialettica tra i sessi, la gelosia e la spaccatura interiore, tra ragione e sentimento, dei protagonisti Enne 2 e Berta («Si può stare con qualcuno per mancanza d'amore?»). Le due metà del tram diventano anche il tipico elemento teatrale cangiante, che assume diverse funzioni per evocazione, come quella della sede del comando nazista. E l'allestimento scenico sfrutta anche il sottopalco, in una storia incentrata sulla clandestinità, sulla resistenza sotterranea dei partigiani.

Carmelo Rifici usa i giovani allievi della Scuola di Teatro Luca Ronconi del Piccolo, da lui diretta, della stessa età dei giovani partigiani, con quelle dinamiche sentimentali tipiche che Vittorini racconta, a restituire la freschezza di quelle vicende, scritte dall'autore proprio mentre erano in corso, in quel caldo inverno milanese. E allo stesso tempo opera con metodi di straniamento, nel distribuire il ruolo di narratore tra gli attori, nel rivolgersi al pubblico alla fine, nell'assegnare loro parti di quei capitoli riflessivi in corsivo, nell'asciugare con ironia teatrale il momento raccapricciante dell'eccidio, e nell'operare ellissi. In fondo, nonostante l'avvertimento degli spari in scena, solo un'uccisione viene mostrata.
  • @Masiar Pasquali
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