Prima Spettri, poi Lo zoo di vetro, ora La casa di Bernarda Alba: continua il tuo viaggio negli universi famigliari. Semplice coincidenza o reale attrazione verso le dinamiche che si sviluppano all’interno delle mura domestiche?
"Possiamo senza dubbio parlare di un viaggio personale che in qualche modo si lega al periodo di formazione vissuto al Teatro Stabile di Torino: i testi che tu hai citato sono tra i più importanti che mi hanno fatto compagnia durante gli anni della scuola, opere cui poi mi sono accostato da una prospettiva diversa e forse più matura anche in un periodo di non teatralità perché parlano di argomenti che qualunque figlio può sentire vicino a sé: da ultimo, quando ho avuto la possibilità di lavorare a progetti registici, ho scelto di riprenderli in mano nella speranza che possano avvicinare le persone al teatro come hanno avvicinato me. Comune denominatore, e quindi motivo di personale attrazione, il rapporto generazionale con la figura di alcuni genitori che proteggono ed opprimono i figli salvo poi sprofondare nel baratro della fine non appena le nuove generazioni scelgono la strada dell’indipendenza e dell’allontanamento da casa”.
In scena il conflitto tra la morale autoritaria di una madre-padrona, oppressiva e senza pietà verso le figlie, ed il desiderio di libertà da una clausura forzatamente imposta: quale il tuo personale approccio al dramma?
"Ho cercato di non creare colpevoli e di non addossare alcun tipo di colpa a nessun personaggio, sforzandomi di analizzare nel profondo le reali motivazioni di tutti i comportamenti. Garcia Lorca ci tiene a giocare sui contrasti, una stanza bianca con donne vestite di nero e poi all’improvviso ecco comparire una nota cromatica verde: questa scintilla che l’autore immagina mi piace pensare sia la scintilla della ribellione, istinto rivoluzionario che purtroppo spesso può sfociare nel sangue. Ed ancora ho trovato molto interessante che l’autore non arrivi a creare eroine ma persone umane molto legate ad un preciso retaggio culturale: io stesso credo che tutte le scelte di Bernarda siano figlie di una tradizione che lei ha vissuto in prima persona. E’ questo un particolare non da poco, quella dinamica della tradizione che ho cercato di approfondire sin da Spettri secondo cui un personaggio è portato a sentirsi in pace con la propria coscienza quando si comporta come chi si è comportato prima di lui, con specifico riferimento al suo ambito famigliare".
Bernarda Alba vive prigioniera del suo passato, vestendo improponibili maschere ed alimentando un processo rivoluzionario che lascerà sul campo non poche vittime: cosa richiedi agli interpreti nella costruzione dello spettacolo?
"Credo che il lavoro più importante sia stato impegnarsi a non riprodurre quella Spagna e quel periodo storico, ma ricreare la nostra famiglia per rendere il contesto più universale e vicino allo spettatore di oggi: tutte la persone, interpreti come cast tecnico, hanno cercato di creare un amalgama che si avvicinasse al presente, ed in questo non posso non elogiare l’unione di un gruppo molto unito che in primavera è stato stoppato tre giorni prima del debutto, ed ora si trova a riprendere in mano il lavoro dovendo tenere conto in scena dei distanziamenti richiesti da questo anomalo presente".
Lo spettacolo doveva appunto debuttare la scorsa primavera in pieno lockdown, ma solo adesso potrà vedere la luce: in questi mesi hai modificato scelte ed impostazioni, o il disegno progettuale è stato chiaro sin da subito? "Questo è un testo che parla di un confinamento fisico in una casa, e la sua scelta è stata fatta in tempi non sospetti quando ancora il lockdown, e tutto quello che abbiamo vissuto, non lo potevamo neanche minimamente immaginare: a livello testuale e drammaturgico in questi mesi non ho toccato nulla, le idee che avevo in testa prima non hanno subito sostanziali modificazioni. Detto questo il grosso cambiamento in questa seconda fase di lavoro è stato dover rivedere gli aspetti legati all’interazione fisica degli interpreti per uno spettacolo che non può prevedere abbracci ed azioni di contatto fisico".
Secondo Garcia Lorca il teatro ideale è il luogo in cui la poesia si esprime attraverso le parola ed il sangue: quanto secondo te questa visione "estrema" è praticabile ai giorni nostri?
"Quando scelgo di portare in scena un autore ed un testo parto sempre da un’intensa attività di studio senza però fossilizzarmi su una visione troppo legata alla memoria storica perché riportarlo nel contesto originario rischia di pregiudicare l’avvicinamento di un nuovo pubblico: sono convinto che la creazione artistica non debba raccontare una persona ma un specifico viaggio, quell’itinerario che ogni artista realizza all’interno del proprio percorso creativo. Per collegarmi alla definizione di Garcia Lorca posso dire che le parole di questo testo mi arrivano molto vicine e che le stesse parole sanguinano molto più della visione del sangue".
Produzione Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale diretta da Leonardo Lidi, La casa di Bernarda Alba di Federico Garcia Lorca vedrà in scena Francesca Mazza, Orietta Notari, Francesca Bracchino, Paola Giannini, Barbara Mattavelli, Riccardo Micheletti, Matilde Vigna e Giuliana Bianca Vigogna: tre settimane di repliche al Teatro Carignano martedì, giovedì e sabato alle 19.30, mercoledì e venerdì alle 20,45, domenica alle 15.30. Biglietti ad Euro 37 ed Euro 34 con info allo 011.51.69.555 o su www.teatrostabiletorino.it.
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