traduzione e adattamento di Gabriele Vacis, Davide Pascarella, Enrica Rebaudo,
Gabriele Mattè, Erica Nava e della classe della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino
con gli attori neodiplomati della Scuola del Teatro Stabile di Torino: Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Lucia Corna, Chiara Dello Iacovo, Lucrezia Forni, Sara Lughi, Pietro Maccabei, Lucia Raffaella Mariani, Gabriele Matté, Eva Meskhi, Erica Nava, Cristina Parku, Davide Pascarella, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Kyara Russo, Letizia Russo, Daniel Santantonio, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera, Giacomo Zandonà
regia Gabriele Vacis; assistente regia Glen Blackhall
Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale
In quest’ottica non fanno eccezione i neodiplomati della Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, ventuno giovani attori ed attrici giunti al termine del triennio formativo sotto la vigile direzione di Gabriele Vacis: per il loro teatrale ingresso in società si è scelto l’incontro-scontro con Risveglio di primavera di Franz Wedekind, piéce corale, e quindi molto sfruttata nei saggi, adattata e contaminata con inserti testuali e contributi musicali che non ne alterano l’originale potenza: ed allora, se di saggio di fine corso si parla, e non di spettacolo tradizionalmente inteso, sia consentita una lettura per una volta lontana dalla consueta analisi critica.
Entrando in una sala per cento minuti filati sempre illuminata si è subito colpiti dalla bellezza di questo gruppo, ragazzi e ragazze intenti a camminare nello spazio per il più classico dei training svolto secondo una deambulazione ora geometrica, ora casuale: alcuni ti accolgono sorridendo, altri hanno lo sguardo fisso nel vuoto, tutti sono alla ricerca della necessaria concentrazione per quello che di lì a poco diventerà un coinvolgente rito collettivo. Si inizia, e con il passare dei minuti capisci subito come dietro le parole di Wedekind, scritte al tramonto del diciannovesimo secolo e segnate da un destino controverso per la scomoda presenza di temi critici come sessualità e stupro, omosessualità, suicidio ed aborto, ci sia innanzitutto un solido lavoro di gruppo, anche e soprattutto per quanto attiene la componente drammaturgica.
Mentre le azioni si susseguono rapide ed incalzanti lo sguardo si sposta ora sui ragazzi in scena, ora su quelli seduti ai lati, appena usciti o in procinto di entrare, ora sul regista/maestro confuso tra il pubblico con carta e penna per appunti di regia che forse, alla fine, non prenderà mai: all’inizio gli attori lo cercano con gli occhi, quasi a richiedere conferma della battuta pronunciata, o del movimento appena fatto, per una conversazione muta fatta di sguardi e semplici ammiccamenti che diventa spettacolo nello spettacolo. Come in ogni saggio i ruoli in scena si scambiano, con il passare dei minuti le voci si fanno più forti, le iniziali paure e insicurezze lasciano spazio alla gioiosa danza di recitare con la drammaticità del racconto sempre ben sostenuta, e mai come questa volta poco importa se alcuni siano più disinvolti altri più legati, se la singola battuta sia ora un po’ tremante ora più sostenuta. Dai pochi metri che separano platea e scena lo spettatore vede prima di ogni cosa un gruppo, ragazzi e ragazze pronti a sostenersi l’un l’altra, a suggerirsi le parole con gli occhi per poi alla fine stringersi in un catartico abbraccio, perfetta sintesi di tre anni vissuti, per ovvi motivi non così a contatto come si sarebbe voluto, indirizzati verso quel traguardo ora più vicino.
E quando la tensione si scioglie negli applausi finali, con Gabriele che alza sempre più la mascherina per nascondere gli occhi luccicanti, spazio ai volti freschi e smaliziati dei giovani interpreti che tra poche settimane entreranno a pieno titolo in professione con il loro umanissimo carico di entusiasmo, paure e speranze: il futuro è dalla parte di Davide ed Andrea, di Lucia, Chiara, Lucrezia e Sara, di Pietro, Lucia Raffaella, Gabriele ed Eva, di Erica, Cristina, Davide, Enrica ed Edoardo, di Kyara, Letizia, Daniel, Lorenzo, Gabriele e Giacomo.
A tutti voi, ad maiora!
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