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Ti vedo, ti sento, mi perdo
a cura di Giampiero Raganelli
Visto al Teatro alla Scala il 17 novembre 2017
Nuova produzione in coproduzione con Staatsoper Unter den Linden di Berlino / Prima mondiale / Commissione Teatro alla Scala e Staatsoper Unter den Linden di Berlino
Libretto di Salvatore Sciarrino (Edizioni Musicali Rai Com) 
Orchestra del Teatro alla Scala 
Durata spettacolo: 2 ore e 15 minuti incluso intervallo 
Direttore: Maxime Pascal 
Regia: Jürgen Flimm 
Collaboratore del regista: Gudrun Hartmann - Wild 
Scenografo: George Tsypin 
Costumi: Ursula Kudrna 
Lighting Designer: Olaf Freese 
Movimenti coreografici: Tiziana Colombo 
CAST 
La cantatrice: Laura Aikin / Musico: Charles Workman / Letterato: Otto Katzameier / Pasquozza: Sonia Grané / Chiappina: Lena Haselmann / Solfetto: Thomas Lichtenecker / Finocchio: Christian Oldenburg / Minchiello: Emanuele Cordaro / Giovane Cantore: Ramiro Maturana 
Coro 
Hun Kim / Massimiliano Mandozzi / Chen Lingjie / Oreste Cosimo / Sara Rossini / Francesca Manzo
Un caos teatrale primordiale, l'enorme spazio spoglio del retropalco e della torre scenica della nuova Scala di Mario Botta; un grande vuoto, la nuda, e informe, struttura. Così inizia l'allestimento di Jürgen Flimm, in prima mondiale, di Ti vedo, ti sento, mi perdo, dal libretto di Salvatore Sciarrino, commissionato dal Teatro alla Scala in coproduzione con lo Staatsoper Unter den Linden di Berlino. Ma pian piano la scenografia viene eretta e allestita in scena. Si vede l'impianto teatrale in costruzione, gli ingranaggi, gli argani, fino ad arrivare al sipario interno e alla sua apertura. Alcuni personaggi danno una mano di scopa sul pavimento. Il teatro si allestisce, è messo in scena nel suo farsi. La struttura scenica concepita da Sciarrino prevede tre scomparti successivi, tra loro comunicanti. Un'`architettura vivente, aspra di rilievi e ombre, che muta man mano ai nostri occhi, cavea di teatro, sala da musica e forse paesaggio esterno, cielo, collina percorsa da sentieri`. Uno spazio a scatole cinesi, di pareti divisorie trasparenti, con degli assi in funzione di passerelle, dei sipari interni; dove albergano un coro con la cantatrice, a rappresentare gli esecutori dello spettacolo, un musico e un letterato, gli autori, e i servi

Se Peter Brook sognava di allestire un'opera lirica con i musicisti disseminati in platea, seduti tra il pubblico, in Ti vedo, ti sento, mi perdo alcuni di questi occupano spazi non convenzionali, al di fuori dell'orchestra del golfo mistico, in palchi ai lati del palcoscenico, e in un'orchestrina sulla scena. Lo spettacolo stesso è ambientato durante le prove di una cantata, aspettando un autore che non arriverà mai. 

Il metateatro di Salvatore Sciarrino – come è evidente da quegli stessi argani, esempio delle macchine teatrali d'epoca, dai costumi ampollosi, alcuni con quei collari in pizzo bianco da pittura fiamminga, dai lampadari che calano dall'alto – è un continuo dialogo tra l'opera, la musica e il teatro contemporanei e quelli della classicità. Un omaggio in primo luogo ad Alessandro Stradella, compositore di epoca barocca, alla sua arte e alla sua vita, come raccontato dai personaggi dello spettacolo. Uomo dissoluto e anticonformista che, per questo, ha trovato la morte. Stradella è l'autore che i personaggi aspettano invano, una presenza che incombe in realtà come assenza. Personaggio che rievoca il mito di Orfeo, ma nell'opera di Sciarrino albergano anche quello di Ulisse con le sirene, gli haiku giapponesi richiamati anche da cosumi da geisha. E poi Apollonio Rodio, Ovidio, Rilke. Il metateatro di Sciarrino è anche un metatesto di grande fluidità, dove, come dicono il Musico e la Cantatrice, la melodia sembra parlare e i recitativi cantano.



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