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MEDEA? Eroina moderna della malattia d'amore
a cura di Roberto Canavesi
Visto alle Fonderie Limone di Moncalieri domenica 7 aprile 2024
da Euripide 

traduzione Umberto Albini; regia Leonardo Lidi; dramaturg Riccardo Baudino 

con Orietta Notari, Nicola Pannelli, Valentina Picello, Lorenzo Bartoli, Alfonso De Vreese, Marta Malvestiti 

scene e luci Nicolas Bovey; costumi Aurora Damanti; suono Giacomo Agnifili 

Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale
Si scrive Medea, si legge Orietta (Notari), straordinaria interprete nella rilettura del classico euripideo diretta da Leonardo Lidi con Riccardo Baudino dramaturg della sempre attuale traduzione di Umberto Albini: settantacinque minuti filati di un’operazione non priva di rischi dove il mito è affrontato da un'inedita prospettiva con Medea oggetto di indagine per comprendere le cause che l’hanno portata a diventare la tragica eroina a tutti nota. Se infatti la moglie di Giasone è la spietata e feroce assassina dei propri figli, poco forse si conosce su cosa l’abbia spinta a compiere un gesto così efferato: indagare il "prima" diventa così obiettivo stimolante, ma potenzialmente azzardato, in un disegno teatrale che Lidi adatta come seconda pelle al cast di ottimi interpreti. 

"Sono un donna che preferisce cento volte combattere che partorire una volta", afferma la leonessa Medea nella gabbia dalle pareti trasparenti di Nicolas Bovey, spazio claustrofobico quanto luogo mentale al cui interno prendono forma fantasmi di intere esistenze, come pretesti per una delirante vendetta: in questa stanza della tortura, prigionieri tra vetrate su cui affacciarsi, sdraiarsi o rannicchiarsi, come fedeli al muro del pianto, i personaggi sono oggetto dello spionaggio voyeuristico di uno spettatore testimone del tracollo famigliare, con Giasone pronto a sposare Glauce, la giovane figlia del re Creonte, mentre l’indiavolata Medea confida a pedagogo e nutrice i suoi sanguinari progetti. 

Per natura incapace di fare del bene, ma espertissima di ogni genere di male, della donna è ricostruito l’infernale itinerario, percorso di vita segnato da inganni e tradimenti che la vede condannata ad un esilio forzato come approdo finale di una vita scandita da sofferenze ed ingiustizie, da un amore desiderato e vissuto in maniera totalizzante, da ultimo detestato, di cui intende ora chiedere soddisfazione. L’amore e la sua degenerazione, la maternità non dono ma errore di cui pentirsi, per vendetta non un raptus di follia ma un disegno articolato e meditato nei particolari: muovendosi nelle pieghe di un testo cui resta sottotraccia saldamente ancorato, Lidi guida lo spettatore in quella che non può non considerarsi una grande storia d’amore, tragica saga con le ragioni del cuore spazzate via da irrefrenabili ed insane pulsioni. 

Unica a vestire di scuro, i costumi sono firmati dalla sempre attenta Aurora Damanti, Orietta Notari è la Medea di debordante bravura, maschera trasfigurata da quel supplizio affettivo a lungo ricostruito, e rapidamente attuato, che la rende personaggio universale, fuori dal tempo, capace di sciogliersi in disperati pianti salvo poi, subito dopo, dettagliare con inquietante lucidità le tappe dell’atroce vendetta: insieme a lei dividono il successo l’umanissima nutrice di Valentina Picello, carattere di assoluta intensità nel tentativo di porsi come coscienza morale verso la sua padrona, e il Giasone bifronte di Nicola Pannelli, all’inizio marito di rara arroganza, da ultimo confuso e disperato padre costretto a confrontarsi con un atroce destino che, in rapida successione, gli strappa prima la giovane moglie, poi gli amati figli.
Completano il cast Marta Malvestiti nei nuziali panni di una Glauce vittima sacrificale, il pedagogo di Alfonso De Vreese e Lorenzo Bartoli, tutti alla fine ripagati da convinti e meritati applausi.
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