disegno luci Gianni Staropoli; costumi Francesca Di Giuliano; scene Katia Titolo
Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Teatro in coproduzione con Argot Produzioni in collaborazione con Riccione Teatro
La Calamaro, anche regista dello spettacolo, immagina l'incontro-scontro tra due donne legate dal sangue ma forse, nella vita vissuta, mai state realmente vicine: sin dalle prime battute si fa sentire forte la presenza del rimpianto, sentimento scomodo se vissuto in età adulta e riferito ad un universo genitoriale demarcato della sola presenza materna. Il testo è tutto al femminile, dramma mascherato da commedia dove nei continui tentativi di approcci e contatti della figlia impressiona l’assenza di una figura paterna neanche evocata, quasi a voler responsabilizzare quella madre ora ridotta a solo suono cui la figlia non ha saputo, né voluto, prestare ascolto.
Oggigiorno tanto si parla del male d’amore, ma questa volta è proprio il suo contrario, il male del non amore, a insinuarsi nelle pieghe di un rapporto che si cerca faticosamente di (ri)costruire anche con il ricorso ad una giusta dose di ironia: e cosi, mentre la figlia cerca di annullare il passato varcando la porta bianca che la separa dalla madre, il genitore impegnata in lavori di ristrutturazione della sua stanza/mondo ne sabota i tentativi con il rumore di un trapano prima, di un martello subito dopo. Rumori che ostacolano quell’ascolto per tanto anni rifiutato e di cui oggi, nella sensibilità della figlia di un’applaudita Isabella Ragonese, self made woman in elegante tailleur carta di zucchero, si sente tanto il bisogno: e se è vero che alla fine la vita una volta da e una volta toglie, in un’ideale contrappasso ecco la giovane donna rifugiarsi in una sorta di autoanalisi di fronte allo schermo, al tempo stesso medico e paziente nella lotta contro i fantasmi di un tempo che fu all’improvviso materializzato nella presenza in carne ed ossa della madre bambina di Emilia Verginelli, figura eterea dall’adolescenziale aspetto sbalzata fuori da un mondo parallelo.
A tratti sorridendo, sempre riflettendo, "da lontano" lo spettatore osserva per settanta minuti filati, ascolta le parole, in taluni casi arriva ad identificarsi nel rimpianto e nel dolore che attraversano l'incisivo racconto di un rapporto mai nato, nella cronaca di un amore prima evitato ed oggi, forse tardivamente, inseguito.
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