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Le succulenti serate di PLAY WITH FOOD
a cura di Roberto Canavesi
Resoconto delle incursioni nel Festival dedicato al rapporto tra scena e cibo  
Per la decima edizione Play with food. La scena del cibo diretto da Davide Barbato sceglie un programma al solito itinerante con otto giorni di appuntamenti in giro per Torino impreziositi da degustazioni e momenti di convivialità culinaria come da tradizione per il festival dedicato alle arti performative in rapporto al cibo: il cartellone 2021 si è aperto nell’elegante cornice del Circolo dei Lettori di Torino con una serata, realizzata in collaborazione con il Teatro della Caduta e con la rassegna Concentrica, che ha visto Renato Cuocolo e Roberta Bosetti impegnati in R.L. (Roberta Legge, o Radicali Liberi, oppure ancora Roberta Legge Radicali Liberi), nuova tappa del percorso artistico della coppia vercellese da tempo impegnata a realizzare un teatro di narrazione ibrido, dove la dimensione privata incrocia la sfera letteraria mescolando linguaggi all’interno di eventi multisensoriali. E’ stato cosi, in passato, per le performance realizzate nella camera di un albergo, per le serate a spasso per la città, o a bordo di un vagone della metropolitana, ed è cosi anche per questa nuova proposta che conduce lo spettatore nel mondo letterario del Premio Nobel canadese Alice Munro: dotati di audiocuffie, gli spettatori sono testimoni di un racconto con Roberta vestire i panni di una vedova malata in evidente difficoltà la cui esistenza è sconvolta dall’inaspettato arrivo di un uomo che, minuto dopo minuto, la spinge alle corde in attesa di potergli sferrare il colpo del ko. Con il passare del tempo, mentre la donna improvvisa un pranzo con le stesse pietanze offerte al pubblico in sala, si svelano scenari impensati e si scoprono le reali identità dei due personaggi per un racconto noir dal finale thrilling: e mentre lo spettatore ascolta attento Roberta Bosetti, il suo alter ego Renato Cuocolo cura la parte visiva proiettando sullo schermo le immagini evocate da pagine che riaffermano il potere di una parola unico strumento, talvolta, in grado di garantire la sopravvivenza.

Alla collaborazione con Incanti. Festival Internazionale del teatro di figura si deve invece La grande guerra degli orsetti gommosi andata in scena a Casa Fools, con i dinamici Valentina Fadda e Leonardo Tomasi diretti da Angelo Trofa, in uno spettacolo del collettivo sardo Batisfera Teatro, per un pubblico interessato spettatore del più classico dei giochi da tavolo: nei sette capitoli di cui si compone il racconto lo scenario è da subito grottesco con la nazione degli Orsetti Gommosi decisa a muovere guerra contro il confinante stato dei Dinosauri. Da un lato le morbide creature colorate pronte a comporsi in milizie ordinate, dall’altro i burocrati rappresentanti di un’entità che si destreggia tra carte bollate e timbri da apporre: la fantasia autodistruttiva contro la burocrazia per un conflitto dall’esito scontato che vedrà gli orsetti soccombere, ma non perdere la battaglia della simpatia se riferita ai più piccoli ed interessati spettatori. In poco più di mezz’ora sul tavolo nero, illuminato da mini torce, prende forma un kolossal in miniatura, metafora dell’esistenza volta al nichilismo sulla spinta di un’indefinibile pulsione che spesso spinge l’uomo ad intraprendere azioni dal destino già scritto, per il solo piacere di mettersi alla prova.

Diretta da Michele Sinisi su drammaturgia di Francesco Maria Asselta, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani è andata in scena La grande abbuffata prima riduzione teatrale della discussa pellicola di Marco Ferreri, siamo nel 1973, portata ora in scena da Stefano Braschi, Ninni Bruschetta, Gianni D’Addario, Donato Paternoster, Adele Tirante, con Sara Drago, Marisa Grimaldo e Stefania Medri: quella che a suo tempo è stata una pellicola scandalo con quattro amici autoannientarsi alle porte di Parigi in una luculliana cena, nell’adattamento teatrale diventa un potente je accuse contro il disfacimento di una società che sembra aver messo in discussione i propri riferimenti. Cibo e sesso hanno oggi perso, o comunque vedono fortemente ridimensionato, il loro potere trasgressivo, e cosi la saga dei quattro uomini allo sbando con relative girls diventa prezioso pretesto per riflettere su di una società "scartocentrica", contesto umano, politico e culturale dove all’arte in generale, ed al teatro in particolare, è riservato il compito di denunciare il clima di complessivo disfacimento con cui ogni giorno proviamo a convivere: e se La grande abbuffata a teatro si apre con l’immagine di un maiale abbattuto per soddisfare i nostri piaceri della pancia, proprio ad un forte simbolismo si rifà lo spettacolo con il passar dei minuti distante dalle originarie atmosfere della pellicola cinematografica, ma assai prossimo ad una cruda ed impietosa rappresentazione dell’impoverimento dell’uomo moderno e delle sue potenziali, preziosissime, risorse.

Il nostro tour in Play with food. La scena del cibo si è concluso all’Unione Franco Antonicelli con Nato cinghiale, performance di parole e musica proposta dal perugino Alessandro Sesti insieme a Debora Contini, musicista, rumorista, financo spalla: la serata è un tuffo nella storia personale dell’interprete, ma anche un viaggio nel cuore della "grande madre Umbria", cuore dell’Italia di cui si racconta uno dei riti più sentiti e partecipati, la battuta di caccia al cinghiale della domenica mattina.
Nell’attesa che la prelibata pietanza venga servita agli spettatori comodamente seduti in sala, Alessandro e Debora conducono il pubblico nella storia delle loro famiglie, in una "confessione" impreziosita dalla degustazione di pinzimonio, olio e vini rigorosamente made in Umbria: da Foligno al luogo di villeggiatura, le giornate sempre uguali con la tappa serale al bar del paese per l’immancabile gelato, la quotidianità sembra scorrere via anonima se non fosse per quanto accade l'ultimo giorno della settimana, ogni domenica mattina dei mesi aperti per la caccia. Il racconto è agile e divertente, intriso di quel couleur local che anima le tradizioni popolari del nostro paese, insieme di gesti, abitudini e parlate, linfa vitale della nostra cultura, che abbattono i confini del tempo avvicinando le generazioni e fortificando il legame tra genitori e figli: format che ben si presta ad esser proposto in spazi non convenzionali, Nato cinghiale è pretesto per una serata teatral-culinaria da vivere e da gustare, conferma dell'interazione che può scaturire dal rapporto cibo/teatro come ben rappresentato dalla consolidata formula del festival Play with food. La scena del cibo.
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