danzatori Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede, Wan-Lun Yu
scene Gabriela Carrizo e Justine Bougerol; luci Tom Visser; costumi Seoljin Kim, Yi-chun Liu e Louis-Clément Da Costa; musica Eurudike De Beul, Raphaëlle Latini, Ismaël Colombani, Annalena Fröhlich e Louis-Clément Da Costa
Peeping Tom coproduzione Opéra National de Paris, Opéra de Lille, Tanz Köln, Göteborg Dance and Theatre Festival, Théâtre National Wallonie-Bruxelles, deSingel Antwerp, GREC Festival de Barcelona, Festival Aperto/Fondazione I Teatri (Reggio Emilia), Torinodanza Festival/Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, Dampfzentrale Bern, Oriente Occidente Dance Festival (Rovereto)
Triptych: The missing door, The lost room, The hidden floor è stato creato con il sostegno della Rappresentanza Generale del Governo delle Fiandre in Italia e del programma di protezione fiscale del Governo Federale Belga
Tornando a quanto visto in Tryptich, se i cambi scena tra i differenti pezzi sono effettuati a vista, assumendo cosi una piena valenza drammaturgica come si trattasse di un allestimento cinematografico dal vivo, l’impostazione legata alla settima arte è tanto più visibile nelle originali ambientazioni della trilogia: si inizia con il thriller The missing door realizzato in uno spazio pieno di porte "birichine" che si aprono e si chiudono a loro piacimento, per poi proseguire in The lost room dove l’interiorità dei personaggi prende forma in una lussuosa cabina della nave con pavimenti magici ed armadi dal doppio fondo, arrivando da ultimo a The hidden floor ambientato in uno spazio pubblico abbandonato, sala da ballo o ristorante, invaso da fiumi d'acqua provenienti da ogni direzione. Come schegge impazzite alla disperata ricerca della via d’uscita da un vorticoso labirinto, gli otto applauditi performer incarnano visionari protagonisti di esistenze in bilico tra realtà ed immaginazione, artefici di coreografie di gruppo o momenti a due, impressionanti per fisicità e forza poetica arricchita da una prepotente drammaturgia sonora, mai come in questo caso viva presenza scenica, e dall’immancabile dose di graffiante humour nero. Viaggio nelle umane pulsioni e passioni, Tryptich conferma l’ineluttabilità del tempo, il suo incedere alimentato da continui cambiamenti e trasformazioni per un successo finale naturale esito della serata conclusasi con numerose, ed assai rumorose, meritatissime chiamate finali.
TRIPTYCH © Virginia Rota, Peeping Tom.jpg