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La Torino che fu illuminata dalla Luce di Liberamenteunico
a cura di Roberto Canavesi
Visto alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani mercoledì 9 giugno 2021
Creazione e regia Barbara Altissimo 

In scena Anna Stante, Didie Caria, Irene Ricciotti, Amalia Scotti, Tommy Crosara
Con la partecipazione, in video, di Renato Alessandria, Giovanni Bina, Remo Gardano, Paolo Mantovani 

Drammaturgia Emanuela Currao; Musiche originali e progetto sonoro Didie Caria; Disegno luci e spazio scenico Massimo Vesco; Realizzazione scene Yasmin Pochat; Costumi Alessia Panfili; Video Fabio Melotti

Associazione Liberamenteunico
Tra le tante storie che si possono ascoltare a teatro, quelle anonime, le meno conosciute, sono in grado di esercitare un maggiore appeal sullo spettatore deciso ad astrarsi dall’asfissiante quotidianità: progetto di Liberamenteunico diretto da Barbara Altissimo, Luce26692 è titolo ossimoro, simbolico accostamento di un elemento di speranza al numero di immatricolazione marchiato sulla pelle nel campo di Auschwitz, per il tuffo in una Torino lontana nel tempo, teatro di un’esemplare vicenda umana ed affettiva.

Elena Recanati, classe 1922, è una cittadina ebrea destinata, nell’Italia delle persecuzioni razziali, ad un lungo itinerario di sofferenze legate a deportazione, internamento, da ultimo liberazione: se il suo nome, oggi, dice poco nulla, il teatro può farne rivivere la storia del grande amore con il suo Guido che il nipote Guido Foa ha svelato a Barbara Altissimo, innescando nella regista torinese la decisiva scintilla. E cosi, da un racconto intimo e privato, grazie al decisivo contributo drammaturgico di Emanuela Currao, prende forma una favola d’altri tempi attenta a non tradire la memoria, quanto decisa a concedersi alcune libertà.

Esito finale dell'analisi di testimonianze e documenti storici, Luce26692 è la storia di due ragazzi torinesi conosciutisi poco più che bambini, sposatisi nella "lontana" Roma, e forzatamente separati in uno dei tanti campi di morte da cui Elena farà per fortuna ritorno: passione nata in gioventù, dal destino forzatamente intrecciato al dramma della Shoah, che la Altissimo con indubbia lucidità sceglie di raccontare senza indulgere troppo a quella Storia, con la S maiuscola, a lungo studiata e dibattuta. Amore e Storia in scena si sfiorano, si toccano, si palesano in affreschi visuali realizzati con un gruppo di anziani ospiti del Cottolengo, riproduzioni di un’epoca passata ma non per questo da cancellare: e come in un succedersi di diapositive d’epoca, nella storia di Elena, di Guido e del loro piccolo messo all’ultimo in salvo, sfilano le istantanee di un racconto deciso a farsi monito per il futuro regalando scorci della Torino vissuta tra lunghi viali alberati, strade tutte dritte e squarci rubati dalla verde collina. Storia vera, e per questo molto vissuta, che si concede il lusso di un finale "aperto", di un messaggio di speranza che vedrebbe Guido non vittima delle camere a gas ma, una volta sbarcato oltreoceano, impegnato con successo all’inseguimento del suo personalissimo american dream.

Tutto questo in scena si traduce nella rappresentazione di un mondo intimo sferzato dai grandi eventi della storia, racconto di parole e note che Anna Stante, Didie Caria, le giovanissime Irene Ricciotti ed Amalia Scotti, trasmettono con intensità al pubblico fino alla danza finale di Tommy Crosara, liberatoria coreografia a scacciare fantasmi di un passato tanto lontano quanto, è sempre bene ricordarlo, da non dimenticare.
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