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E' l'amore il motore trainante nel gran SOGNO della vita
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Carignano di Torino giovedì 16 dicembre 2021
di William Shakespeare 

regia e adattamento Valerio Binasco

con (in ordine alfabetico): Davide Antenucci, Valerio Binasco, Fabrizio Costella,
Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Lorenzo Frediani, Olivia Manescalchi, Daniele Marmi, Nicola Pannelli, Cristina Parku, Greta Petronillo, Franco Ravera, Dalila Reas, Francesco Russo, Letizia Russo, Michele Schiano di Cola, Valentina Spaletta Tavella 

scene e luci Nicolas Bovey; costumi Alessio Rosati; musiche Paolo Spaccamonti; consulenza vocale Carlo Pavese; assistente alla regia Giulia Odetto 

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
"Se non ricordi che Amore ti abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato": partiamo da una citazione dal Come vi piace per introdurre il racconto del Sogno di una notte di mezza estate che Valerio Binasco firma nell’ultima produzione del Teatro Stabile di Torino: Amore, con la A maiuscola, assoluto protagonista di un allestimento in grande, alla vecchia maniera, che riporta le lancette dell’orologio indietro nel tempo, ad un teatro dalle scenografie sofisticate con splendidi costumi indossati da una compagnia di diciotto elementi.

Amore scandagliato e vivisezionato in un racconto fiabesco dai toni anche tragici, con un goffo destino pronto più che ad unire a far scoppiare le coppie, prima dell’inevitabile happy end, con genitori austeri erigere ideologici "muri" pur di ostacolare i sogni dei propri figli: il tutto in un’atmosfera sospesa, onirica il giusto, che la sempre azzeccata scena del Premio Ubu Nicolas Bovey immagina come paesaggio desertico e roccioso, lunare landa desolata, a sostituire il tradizionale bosco, spazio mentale più che fisico per la rappresentazione della disillusione amorosa, di una solitudine a tratti, per le giovani coppie di Ermia e Lisandro, di Elena e Demetrio, unica e sola compagna di vita. Ed ancora Amore fonte di gioia e di dolore, ma anche entità soprannaturale capace di indirizzare il destino di uomini e donne le cui esistenze ne sono totalmente in balìa: e se le "sliding doors" al tempo del Bardo sono una pozione magica impartita dal folletto Puck alla persona sbagliata, pretesto per inevitabili e pericolosi sconquassi, alla fine sarà sempre e solo Amore a ricomporre i fili delle esistenze, a ricreare i necessari equilibri in un alternarsi di razionalità ed irrazionalità che vede realtà e finzione interagire mescolandosi tra loro.

Tutto questo, nella pregevole rilettura di Valerio Binasco, si risolve in due ore abbondanti in cui se Amore fa ridere ma anche preoccupare, separa coppie per poi ricomporle con le diatribe amorose dei quattro innamorati e la parallela guerra fra Titania e Oberon, c’è anche spazio per riaffermare l’importanza del fare teatro vissuto nella sua accezione più "artigiana" con la scalcagnata compagnia interprete del dramma di Piramo e Tisbe: da una lato la rappresentazione del sogno, o forse dell’incubo, con giochi di luce e incantesimi magici, dall’altro la concretezza di un gruppo di uomini, attori-operai dalle fogge improvvisate pronti a cimentarsi con coraggio e senza filtri alla corte del Duca.
E nella messinscena del gran circo dell’Amore non potevano che essere gli innamorati a recitare il ruolo di protagonisti: riferito della solidità interpretativa garantita dai senior Valerio Binasco e Olivia Manescalchi, rispettivamente Teseo ed Oberon, Ippolita e Titania, e da un non meno debordante Michele Di Mauro nei panni di Bottom, ci piace sottolineare la prova dei giovani Giordana Faggiano, Fabrizio Costella, Dalila Reas e Lorenzo Freudiani, ragazzi adulti all'occorrenza pronti a ribellarsi ad un ordine precostituito per difendere il loro sentimento, mettendo a serio rischio le giovani vite, ed esibendo il coraggio e l’intraprendenza che difettano agli ottusi genitori.

Insieme a loro dividono il successo tutti i componenti del numeroso cast, mix di esperienza e gioventù a decretare il buon esito di uno spettacolo fuori dal tempo in cui si riflette su di Eros come forza mutevole assimilabile ora alla follia della mente, ora alle pulsioni del corpo: un magico contenitore, arricchito dai costumi di Alessio Rosati, nel quale la tragedia della vita può diventare farsa per un racconto al cui epilogo, con gli attori schierati in proscenio a prender i meritati applausi, resta allo spettatore la convinzione di aver appena vissuto e preso parte ad un sogno molto prossimo alla vita vera.
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