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Le baruffe chiozzotte senza il chiozzotto
a cura di Roberto Canavesi
Visto al Teatro Gobetti di Torino martedì 21 novembre 2017
di Carlo Goldoni 

traduzione e adattamento di Natalino Balasso; regia Jurij Ferrini

con Jurij Ferrini, Elena Aimone, Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Christian di Filippo, Sara Drago, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Rebecca Rossetti, Michele Schiano Di Cola, Marcello Spinetta, Angelo Tronca, Beatrice Vecchione 

scene Carlo De Marino; costumi Alessio Rosati; luci Lamberto Pirrone; suono Gian Andrea Francescutti; regista assistente Marco Lorenzi

Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale
C'erano una volta Le baruffe chiozzotte di Carlo Goldoni, atto conclusivo degli otto anni trascorsi al San Luca, scritto con il pensiero già rivolto alla Parigi dove vivere l'ultima controversa stagione creativa; c'era una volta un divertente ed umanissimo affresco di una comunità di uomini e donne capace di infervorarsi per una fetta di zucca offerta alla ragazza sbagliata, o per le solite beghe amorose che tanto scaldano; ma, soprattutto, c'era una volta una singolar tenzone tra il veneziano ed il chioggiotto, tra una lingua di testa e una di pancia, che messer Carlo sfruttò a pieno nella rappresentazione delle sue baruffe, di continui litigi che i protagonisti scatenano prima dell'immancabile happy end. 

Ora, di questa catena, ne Le baruffe chiozzotte che Jurij Ferrini dirige ed interpreta, insieme ad un eccellente cast, viene meno l'ultimo anello: e se l'esito finale sono due ore scarse di teatro dove si ride e ci si diverte, a lasciar spiazzati è la scelta di “purificare” il testo di quella componente linguistica che lo ha reso celebre per trasformarlo, con la traduzione di Natalino Balasso, in una versione italiana certo più vicina al sentire di oggi, ma assai distante dall'originaria ambientazione. Scelta consapevole, ne siamo certi, che Ferrini porta avanti e sostiene con estrema coerenza realizzando uno spettacolo in jeans e maglietta, con tanto di costumi lasciati sui manichini, e la stessa Chioggia a far capolino solo negli scorci suggeriti dalle semplici ma funzionali scene di Carlo De Marino. Scelta consapevole, si diceva, ma anche di estrema importanza se inquadrata in un contesto in cui, teatralmente parlando, nulla succede se non un continuo fluire di parole e di risse verbali: che questo tipo di teatro non sia più rappresentabile? O che, per renderlo oggi comprensibile, si debba necessariamente modificarne l'impronta originaria? A ciascuno la propria idea, anche se resta la sensazione che le baruffe senza il chiozzotto siano un po' un ibrido teatrale. 

Tutto ciò premesso, l'impianto corale della commedia si risolve in un'eccellente prova dell'intero cast: a partire da Jurij Ferrini, prima regista che detta azioni e parti, e poi saggio Isidoro chiamato a sedare liti e dissapori con tanto di agognate nozze, per arrivare alla comunità femminile che Elena Aimone, Sara Drago, Barbara Mazzi, Rebecca Rossetti e Beatrice Vecchione ben rendono in tutta la sua genuina passionalità e propensione al chiacchiericcio. E se più di un plauso si tributa anche a Matteo Alì, Lorenzo Bartoli, Christian Di Filippo, Raffaele Musella, Michiele Schiano Di Cola e Marcello Spinetta, citazione a parte per Angelo Tronca, l'unico del gruppo ad esprimersi in un chioggiotto gramelot di parole e suoni di indiscussa forza comica ed assoluta presa sul pubblico.
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