traduzione Jacopo Gassmann
regia di Angelo Scarafiotti
con Davide Bernardi, Micol Damilano, Paolo Mazzini e Angelo Scarafiotti
Produzione Nessun Vizio Minore
A questo trend non si sottrae Mike Bartlett, quarantatreenne nativo di Oxford autore di quel Bull. Senza esclusione di colpi realizzato dal redivivo collettivo torinese Nessun Vizio Minore con la regia di Angelo Scarafiotti: testo dalla sferzante attualità, la commedia di Bartlett vede tre contendenti difendere il proprio posto di lavoro, nell’attesa del più classico dei tagliatesta, in una sala d’attesa-ring dove combattere, tra reciproche accuse e colpi bassi, i round di una selezione alla ricerca di chi buttare giù dalla torre.
Tra Tony, Isobel e Thomas uno è di troppo: dopo pochi minuti è subito chiaro chi sarà il sacrificato assistendo ad un combattimento impari che vede Tony ed Isobel azzannare a più riprese il collega con attacchi e cattiverie che spaziano dalla sfera lavorativa a quella personale. Reali o presunte che siano, le accuse si succedono senza esclusione di colpi, e se nella messa in scena della lotta per la sopravvivenza sembra valere tutto, Bull diventa spiazzante metafora di un mondo lavorativo sempre più prossimo alla deriva umana, prima che sociale.
Per far vivere tutto questo in ottanta minuti, Scarafiotti ed i suoi ragazzi scelgono la strada dell’essenzialità: in scena tre sedie, un erogatore d’acqua e la forza di parole che con il passar del tempo investono Thomas, anello debole di una catena umana, forse ancora più debole di lui, che ha in Isobel e Tony spietati carnefici del collettivo gioco al massacro. Prigionieri anche loro in una gabbia mentale da cui, pur con prospettive diverse, difficilmente usciranno, la Isobel di una Micol Damilano seducente donna in carriera ed il Tony di uno sprezzante Paolo Mazzini, come consumati schermidori giocano di affondi e poi di difese, lanciano accuse che subito poi ritrattano, mettendo ben presto alle corde il collega definitivamente al tappeto con l’arrivo del dirigente Carter, un Angelo Scarafiotti sprezzante e cinico.
Bartlett, tra le righe, sembra allertarci sul rischio di come questa violenza possa diventare normalità, sul pericolo che lo spettatore si abitui, e magari anche si diverta, al cospetto di un continuo ricorso a disprezzo e dileggio: attenzione che i protagonisti fanno propria, sparigliando le carte nel finale con il Thomas di Davide Bernardi, attento nella sua goffaggine a non trasformarsi in fantozziana creatura, annullarsi in un moderno clown dalla faccia triste, fantoccio inanimato utile a ricordare come nella gran recita della vita possano essere incontrollabili gli effetti derivanti dalla violenza di gesti e parole.
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