performance Diego Anido, Pablo Rosal, Wang Ping-Hsiang, David Muñiz e Nico Roig; performer Rabii Brahim, Tommaso Brugiapaglia, Nicholas Burello, Nicolò Caloiero, Alessandro Castagneri, Andrea Cerrato, Gianluca Gentiluomo, Michele Prudente, Jacopo Siccardi
musica Nico Roig; programmazione video David Muñiz; creazione video Vicenç Viaplana; spazio e modelli in scala Àlex Serrano e Silvia Delagneau; costumi Silvia Delagneau; design delle luci Cube.bz; coreografia Diego Anido; spazio sonoro Roger Costa Vendrell
una produzione GREC 2018 Festival de Barcelona, FOG Triennale Milano Performing Arts, CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli - Venezia Giulia, Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale, Manchester Home Theatre, Teatros del Canal, Teatre Lliure, Théâtre National Wallonie-Bruxelles, Groningen Grand Theatre, Romaeuropa Festival.
Al solito geniale meccanismo scenico realizzato a vista da un gruppo di performer con pupazzi, oggetti di modellismo, riproduzioni in scala, tutto ripreso da una telecamera, senza forse raggiungere gli straordinari effetti di montaggio visivo di altri lavoro quali Birdie, anche Kingdom regala momenti di assoluto coinvolgimento alternando le tessere di un impressionante mosaico visivo a buffe canzoni o balletti con tanto di performer in costume giallo da banana. King Kong, si diceva, come tema portante, per quanto il mitico scimmione aggrappato all'Empire State Building faccia la sua inquietante comparsa solo verso la fine, presenza certo collegata al frutto banana, ma forse non così centrale in una narrazione che in realtà risulta tutta ideata sull'importanza del frutto giallo, scoperto per caso a fine Ottocento e provocatoriamente immaginato come il reale frutto del peccato originale. In un suggestivo excursus temporale lungo quasi due secoli, si ricostruisce l’importanza del mercato bananifero, vera e propria economia in scala capace da un lato di alterare equilibri politico militari degli stati centro americani, dall'altro di sconvolgere le abitudini alimentari diventando presenza sempre più costante e richiesta sulle tavole di mezzo mondo: in questa direzione Kingdom non eccelle tanto per la ricostruzione del mito di King Kong, facendosi piuttosto apprezzare per la sua natura documentaria ed a suo modo di reportage giornalistico legata al peso specifico dell’elemento banana in una società, pericolosamente segnata dai ritmi del capitalismo, la cui unica salvezza sembra essere lasciarsi andare in uno scatenato dionisiaco ballo collettivo.
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