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La dama duende
a cura di Giampiero Raganelli
Visto al Piccolo Teatro Grassi l'8 novembre 2018
di Pedro Calderón de la Barca
regia Helena Pimenta
versione Álvaro Tato 
video a cura di Álvaro Luna
maestro d’armi Jesús Esperanza 
consulente per la versione metrica Vicente Fuentes
coreografia Nuria Castejón 
selezione e adattamento delle musiche Ignacio García 
costumi Gabriela Salaverri
luci Juan Gómez Cornejo
scene Esmeralda Díaz 
con (in ordine di apparizione) Rafa Castejón, Álvaro de Juan, Marta Poveda, David Boceta, Fernando Trujilo, Joaquín Notario, Nuria Gallardo, Cecilia Solaguren, Rosa Zaragoza 
produzione CNTC– Compañia Nacional de Teatro Clásico in collaborazione con Instituto Cervantes de Milán
Un armadio a doppio ingresso, una porta nascosta, camuffata da uno scaffale girevole, un passaggio segreto che rappresenta un classico ingrediente della narrativa di genere. Su questo meccanismo si basa l'escamotage narrativo di La dama duende (La donna fantasma), commedia “di cappa e spada” scritta da Pedro Calderón de la Barca nel 1629, ma pubblicata sette anni più tardi. Opera dai probabili riflessi autobiografici: Calderón, cavaliere di un'antica famiglia di hidalgos, si cimentò in un duello di strada a Madrid contro lo spadaccino che aveva ferito il fratello. 

L'accesso e l'andirivieni, di nascosto in La dama duende, eludendo la sorveglianza dei suoi fratelli, tra la camera di Doña Ángela e quella dell'ospite Don Manuel, rende possibili gli scambi, i giochi narrativi e gli equivoci, la donna invisibile o fantasma stessa, concepiti dal grande drammaturgo del Siglo de oro spagnolo. Ma questa apertura tra due stanze rappresenta anche il principale nodo da sciogliere per l'adattamento sul palcoscenico teatrale. Come far passare il pubblico da un ambiente all'altro seguendo al contempo lo scaffale girevole che costituisce il varco segreto? In un teatro povero con uno spazio vuoto alla Peter Brook, tutto si risolverebbe con i meccanismi di evocazione teatrale. Ma la madrilena Compañía Nacional de Teatro Clásico, come già nel suo nome, si muove su terreni diversi, su allestimenti di stampo più classico. Così lo snodo di cui sopra viene risolto secondo un'idea puramente scenografica. Al ruotare della porta girevole, la stanza di Doña Ángela diviene quella di Don Manuel e viceversa, con cambi di mobili, che entrano ed escono tramite carrelli scorrevoli. Come se la rotazione della porta fosse accompagnata da un'ipotetica altra rotazione, inversa, dei fondali. E così in generale questo allestimento di La dama duende funziona grazie a una precisa suddivisione e sfruttamento degli spazi. Si usa il proscenio, per esempio, per l'esterno, la strada, per le digressioni con monologhi in cui gli attori si rivolgono o ammiccano al pubblico, ma avvengono anche uscite dal palcoscenico stesso. Il didascalismo a volte è però eccessivo, come quando si usano le scritte, a indicare per esempio il giardino, o la mappa della Madrid dell'epoca. Il gioco degli spazi diventa così il corrispettivo scenografico dei giochi narrativi, l'alternanza tra le stanze porta alla fine a visualizzarle in contemporanea attraverso l'uso di due finestre laterali che compaiono verso la fine. 

La Compañía Nacional de Teatro Clásico, fondata da Adolfo Marsillach nel 1986, è una compagnia istituzionale, che dipende dal Ministerio de Cultura y Deporte, e ha come scopo la diffusione, divulgazione, il recupero del patrimonio teatrale nazionale, con particolare interesse al Siglo de oro. La regista Helena Pimenta aveva già frequentato Calderón de la Barca, mettendo in scena La vita è sogno. Qui lavora sui temi universali dell'opera, come quello della condizione femminile, con un lavoro di adattamento linguistico sottile, affidato ad Álvaro Tato, che vuole da un lato rispettare la musicalità della lingua dell'epoca, e dall'altro rendere comunque il testo fruibile al pubblico spagnolo contemporaneo, evitando arcaismi poco comprensibili. Un lavoro quest'ultimo purtroppo non apprezzabile da spettatori stranieri.
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