con (in o.a.) Sara Bertelà, Giulia Mazzarino, Federica Rosellini, Werner Waas e la partecipazione (in video) di Umberto Orsini
scena e costumi Simone Mannino; luci e fotografia Pasquale Mari; progetto sonoro G.U.P. Alcaro; video D-Wok; assistente alla regia Thea Dellavalle; assistente alle scene Giuliana Di Gregorio
Produzione TPE - Teatro Piemonte Europa, Teatro Nazionale di Genova, Teatro di Napoli - Teatro Nazionale: filmati gentilmente concessi da ESA/NASA. Si ringrazia l’European Space Agency per il materiale d’archivio
Servendosi della puntuale traduzione di Monica Capuani, adattati da Simone Mannino gli ampi spazi del Teatro Astra in un ambiente lunare con tanto di disco rotante da cui scorgere l'esterno della stazione spaziale, Andrea De Rosa confeziona un racconto di settanta minuti che per lo spettatore di oggi sa tanto di viaggio tra passato, presente e futuro: se infatti dentro la stazione il tempo sembra essersi cristallizzato almeno quanto le esistenze di Snaut e Sartorius, l’entità Solaris, cui Umberto Orsini in video presta magnificamente volto e voce, si fa da subito personaggio reale parlando al presente per ammonire l’umanità sul futuro. A colpire è l’idea di un pianeta vivo che, memore di quanto sofferto e patito per l’azione dell’uomo, sceglie con forza di alzare la voce e mettere in guardia attraverso le sopraccitate proiezioni oniriche: accorato e neanche troppo velato je accuse che De Rosa con prepotenza fa risuonare in scena attraverso un giuoco di rifrazioni teatrali, sbattendo l’essere umano di fronte alle sue inquietudini ed alle sue paure, in una parola sola al suo inconscio.
Tutto ciò si attua mediante un consapevole "tradimento" del romanzo di Lem, materia narrativa in parte stravolta nell'adattamento di Greig con la trasformazione del personaggio di Kelvin da uomo a donna, e la conseguente ricostruzione in chiave saffica del rapporto Kelvin-Harey: è questo un cambiamento di prospettiva fondamentale, non tanto per il sottotesto cui si accompagna, quanto per l’affermazione di un’idea universale del sentimento amoroso fissato, per alcuni, in un'istantanea ancor oggi auspicabile in un lontano futuro, in realtà già assoluto patrimonio del presente che viviamo.
Da un lato l’antropoformismo di un’entità come Solaris, dall’altro il rimescolamento del concetto di identità che riafferma con prepotenza come i sentimenti non possano né debbano avere genere: l’esito finale è un articolato meccanismo teatrale che spariglia le carte di una razionalità troppo spesso comfort zone per l’essere umano, costringendo di riflesso lo spettatore a specchiarsi in debolezze ed angoli bui, ed assecondando un inevitabile processo di (auto)analisi che, oltre al già citato Orsini, gli applauditi Federica Rosellini, Giulia Mazzarino, Sarà Bertelà e Werner Waas ben rendono con dolente ed a tratti disperata umanità.
Solaris ph Federico Pitto.jpg