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Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles, da Molière a George Best. Quarta Stagione Completa
a cura di Giancarlo Zappoli
Visto al Teatro Menotti il 7 giugno 2018
scritto e diretto da Paolo Rossi 
con Paolo Rossi, Lucia Vasini 
e con Renato Avallone, Marianna Folli, Marta Pistocchi, Dimitris Kotsiouros, Marco Ripoldi, Roberto Romagnoli, Chiara Tomei 
assistente alla regia Laura Negri 
luci Giuliano Bottacin
durata: 100'
7/17 giugno
A un certo punto dello spettacolo Paolo Rossi scende dal palco in platea e bacia sulla bocca alcune spettatrici scelte a caso. Fermi tutti! Non è vero o, perlomeno, questo non è accaduto alla prima dello spettacolo. Ma potrebbe accadere perché l’anima della messa in scena è l’improvvisazione (apparentemente) più totale. Infatti, come da lui scritto: “Le regole del Re anarchico sul teatro sono: 

1) È proibito raccontare in qualsiasi forma una storia se non la si è vissuta più o meno direttamente; 
2) È doveroso per il commediante essere anche improvvisatore; 
3) Il testo è la corda sospesa nel nulla, ma lui ama il vuoto e non cerca l’equilibrio ma l’inciampo; 
4) Vada come vada, per il teatrante la vita è stare sul palco, tutto il resto è solo una replica della stessa noiosa comicità`. 

Con queste premesse tutto, davvero tutto può accadere in scena davanti a un pubblico che forse non c’è anche se la sala è piena. Perché il Paolo Rossi risvegliato da un sonno in cui si inseriscono citazioni shakespeariane (con un inizio piuttosto freddo e distaccato che meriterebbe qualche revisione) ci vede tutti come delle allucinazioni e pertanto non come reali. In quanto tali possiamo così assistere a un continuo variare di toni e di situazioni che vanno dalla battuta sull’attualità alla rievocazione di esperienze condivise con la compagna di una vita Lucia Vasini

Ampio spazio viene lasciato anche ai musicisti che si rifanno al rebetiko, una forma musicale nata dai ceti meno abbienti della popolazione greca sviluppatasi nella prima metà del secolo scorso e rivisitata in tempi recenti. Anche i quattro giovani attori, tra cui spiccano un più che valido mimo e un’interprete di più ruoli che vanno dalla ragazza impacciata alla Morte, hanno la possibilità di mostrare le proprie doti. Una di loro però si trova a dover recitare un monologo sul ‘comico’ Adolf Hitler che solo l’ironia sottile di Rossi potrebbe reggere senza renderlo sterilmente surreale e di non sufficiente presa. 

Su tutti domina lui, sia quando si muove su terreni noti perché provati in precedenza sia quando si lascia andare all’improvvisazione entrando ed uscendo dal personaggio e dalle storie che va narrando. La passione e l’amore per Molière dominano la scena non come memoria di un passato mummificato nella ‘classicità’ quanto piuttosto come sguardo rivolto a un futuro di totale libertà nella messa in scena. Quella stessa libertà a cui fa riferimento quando canta la versione italiana, scritta dal grande Leo Ferré, de Gli anarchici con i `coltelli per tagliare il pane dell’amicizia e del sangue pulito per lavar la sporcizia”. 

Applausi calorosi alla fine da parte di un pubblico non più costretto al ruolo dell’allucinazione e pronto anche a una chiamata in più di quelle previste dal copione (perché, come insegnano alla Scala, i ringraziamenti sono la parte dello spettacolo che va maggiormente curata).
  • Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles
    Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles
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