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Le Bal - L’Italia balla dal 1940 al 2001
a cura di Giancarlo Zappoli
Visto al Teatro Menotti il 30 ottobre 2018
da Le Bal, una creazione del Théâtre du Campagnol 
da un’idea Jean-Claude Penchenat 
regia di Giancarlo Fares 
con Giancarlo Fares, Sara Valerio, Riccardo Averaimo, Alberta Cipriani, Vittoria Galli, Alice Iacono, Alessandro Greco, Lorenzo Grilli, Davide Mattei, Matteo Milani, Pierfrancesco Perrucci, Maya Quattrini, Manuel D’Amario, Lucina Scarpolini, Patrizia Scilla, Viviana Simone 
coreografie Ilaria Amaldi 
scenografia Marco Lauria 
costumi Francesca Grossi 
light designer Anna Maria Baldini 
sound designer Giovanni Grasso
Al Teatro Menotti fino al 4 novembre 2018
Nella mia recensione al film di Ettore Scola Ballando ballando (1983) scrivevo: «La fonte di ispirazione è uno spettacolo del 1980 del Théâtre du Campagnol. Il passaggio dal palcoscenico allo schermo non era privo di rischi perché tutta la capacità di coinvolgimento è data dalla musica e dalle performance fisico-mimiche degli attori e se a teatro sussiste una forma di interazione tra pubblico e interpreti questa al cinema si perde. Scola riesce però a fare delle canzoni e dei brani musicali (in gran parte francesi per collocazione delle vicende e per esigenze di coproduzione) l'elemento di contatto con il pubblico più vasto a cui propone non solo in viaggio nel tempo ma una riflessione sul rapporto tra la vita di ognuno e i grandi sommovimenti storico-sociali». 

Ora, grazie alla regia di Giancarlo Fares e alle coreografie di Ilaria Amaldi il pubblico italiano può assistere in sala a uno degli spettacoli più interessanti delle ultime stagioni che, traendo origine da un modello d’oltralpe, lo trasferisce con grande efficacia nel contesto storico-sociale italiano. Dopo una sorta di prologo in cui si assiste a una forte caratterizzazione di personaggi e azioni sulla scena inizia a dispiegarsi un percorso cronologico in cui le canzoni divengono il tappeto sonoro significante di epoche e generazioni. Scrive Gino Castaldo all’inizio del suo Il romanzo della canzone italiana: «È straordinario considerare quanto l’oggetto canzone sia sfuggente a ogni facile definizione, rispetto alla familiarità che tutti crediamo giustamente di avere. Semplice e naturale come l’aria che respiriamo, scorrevole e fluente come acqua. Ma proprio come l’acqua, se provate a definirla, vi sfuggirà dalle mani…». In questo spettacolo le canzoni che attraversano sei decenni non ‘si’ definiscono ma invece definiscono le fasi della storia che abbiamo attraversato. Le gioie e le emozioni si susseguono così come la vita e la morte. Emotivamente molto forti sono la partenza e il ritorno degli uomini dalla guerra con le donne divenute lavoratrici perché la manodopera maschile era impegnata sui vari fronti. Così come carico di vitalità è il ritorno alla vita con quella musica made in Usa portata in Italia dai soldati americani. 

Si sorride davanti alla scoperta delle vacanze al mare nel periodo del boom ma poi si precipiterà in un periodo letteralmente oscuro della nostra storia recente per poi arrivare anche a Tangentopoli. Tutto ciò ballando grazie a una compagnia di giovani attori e attrici perfettamente amalgamati e in grado di dare corpo e ritmo ai personaggi più diversi senza fare uso della parola. Si esce alla fine con la sensazione di aver ricevuto un regalo. Di aver cioè avuto l’occasione per riflettere sulla storia patria con il giusto dosaggio di drammaticità e leggerezza. Alla replica serale a cui ho assistito era presente anche una scolaresca. Uno spettacolo come questo, per quei ragazzi e ragazze, varrà quanto una lezione difficile da dimenticare. Una di quelle lezioni che, anche a distanza di anni, si fanno ricordare con piacere.
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